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eccetto che soffrir non poteva di pensar di non amarla. Adelasia più e più volte tra sè deliberò chiuder la via a questa nuova passione e altrove rivolger l’animo; ma com’ella vedeva il suo Aleramo, subito si pentiva cangiando pensiero, e nè più nè meno ardeva come faccia la stipa nei campi quando, postole dentro il fuoco, Borea le soffia e d’ogn’intorno quella accende. Ella oziosa dimorando, a le sue fìamme, secondo che ammorzar le deveva, nuove fiamme aggiungeva, tuttavia in lei crescendo il disio di far questo suo ardore al suo caro amante noto. Onde si potrebbe dire come disse il poeta, che la castità solamente alberga ne le umili ed abbiette case e che la sola povertà è onesta ed ha gli affetti suoi sani. La pudicizia di rado in quei luoghi alberga ove l’accidia e l’ozio regnano, perciò che Amore nacque d’ozio e di lascivia umana, il cui cibo sono dolci ed oziosi pensieri, sguardi soavi, lascivette e molli parole e, come diceva il fiorentino, dilettarsi di far nulla. Ardendo adunque Adelasia e modo a le sue fiamme non veggendo, anzi d’ora in ora sentendole accrescere, deliberò di scoprirsi e con Rodegonda, nobilissima e saggia femina di cui molto si fidava, come di colei da cui fin da la culla era stata nodrita e sempre governata, le sue passioni communicare; onde un dì che si trovarono sole Adelasia in questa maniera le disse: – La fede che sempre ho io in voi avuta, Rodegonda mia da me come madre amata, e le buone vostre qualità con la discrezione che sempre in voi ho veduta, m’assicurano che io certi miei pensieri con voi participar non dubiti, portando ferma openione che di quanto ora son per communicarvi, o bene o male che sia, mi terrete credenza. E per non multiplicar più in belle parole, vi dico, venendo al fatto, che son già molti dì che a me troppo più che non vorrei, il valore, la prodezza, i saggi modi e le oneste maniere d’Aleramo di Sassonia sono in tal modo piacciute e così la sua gentilezza m’è entrata nel core, che, voglia o no, io son sforzata più che me stessa amarlo. Ho tentato mille arti per cacciarlo fuor de la mia mente, ma pare che quanto più io mi vi affatico, egli tanto più a dentro nel core m’entri, e di tal sorte di me e dei miei pensieri si faccia signore' 'che impossibil è che senza la memoria di lui io possa vivere. E a questo condotta mi veggio, che se io seco non mi trovo, senza dubio converrà che una di due cose segua, o ch’io impazzisca o mora. Chiederlo a mio padre per marito so che non mi giovarebbe, sì perchè intendo che è in pratica con il re d’Ongaria di darmi a lui per moglie, ed altresì perchè Aleramo è povero barone al grado del genero che mio padre vorrebbe.