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vergine; la quale veggendo che il signore già s’apparecchiava voler giacersi con lei, dinanzi a quello s’ingenocchiò e teneramente piangendo, con le braccia in croce, gli disse: – Signor capitano, io ti priego per amor de la gloriosa vergine Maria e del suo unico Figliuolo le cui figure qui vedi dipinte, (chè soleva sempre il capitano sforzesco nel suo padiglione tener al capo del letto un’anconetta), che tu non mi voglia levar l’onore e tormi la verginità, la quale nè tu nè altri con quanto tesoro sia al mondo mai più non mi potreste restituire. – A queste pietose parole in un tratto il libidinoso appetito in tutto nel signor Francesco s’estinse; e fatta levar in piede la lagrimante giovanetta, quella con buone parole confortò, essortandola a por fine a le lagrime ed assicurarsi che più nè da lui nè da altri sarebbe molestata. E così alor alora chiamati alcuni suoi soldati dei quali molto si confidava, consegnò loro la giovane ed ordinò che bene ed onestamente accompagnata la restituissero ai parenti suoi; il che quello stesso giorno fu essequito. Parve a tutti cosa mirabile che un giovine a cui le donne meravigliosamente piacevano, avendo in poter suo una bellissima giovane, così di leggero se la lasciasse uscir di mano e sapesse a la presenza di sì vago obietto frenar il suo concupiscibil appetito; cosa in vero da esser sommamente commendata. Di questa continenza fu senza fine il capitano sforzesco lodato, e molte cose in commendazion sua furono dette da diversi. Si ritrovò quivi il discreto e vertuoso messer Lorenzo Toscano, cittadino milanese, il quale alora governava le cose del cardinal del Carretto di Finario, che poi abbiamo veduto vescovo di Lodeva in Francia. Egli poi che vide che ciascuno si taceva, disse: – Veramente non si può se non dire che il duca Francesco e per questo e per molte altre degne parti che in lui erano, che a tutti il rendevano ammirabile, non meriti grandissima lode, chè per certo la merita. Ma a me non par così gran cosa che un cristiano, e massimamente uomo di qualità e di giudizio, sentendosi scongiurar per amor de la intemerata Reina del cielo a del suo Figliuolo, s’astenesse da un suo piacere di pochissimo momento, devendosi ragionevolmente da ogni altra importantissima cosa astenere. E chi non sa che il duca fece il debito suo astenendosi da un atto libidinoso ed illecito, che più tosto recar gli poteva danno che utile e renderlo a molti odioso, dove egli, che a grandissime cose aspirava, cercava di acquistar la benevoglienza di ciascuno? Ma che diremo noi di quel colmo d’ogni vertù, Publio Scipione Affricano, che da la possessione d’Italia revocò