Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/409

potrà mai trovare che sia nessuno geloso di quella cosa che non ama. Chi adunque, se un geloso convien per forza che d’alcuna cosa che ama geloso divenga, se non amasse averia cagione di temere? Onde il nostro ingegnoso sulmonese disse amore esser cosa piena di sollecito timore, e questa sollecita e diligentissima tèma altro non è che gelosia. Ma questo punto non mi rimoverà dal mio fermo proposito. Io non niego che amore non stia insieme con gelosia, anzi lo confesso e vi dico che dove è gelosia è anco amore. E qual è l’amore che con la gelosia alberga? Egli è veramente amore imperfetto, tronco, infermo, dubioso e d’alcune parti di ver amore manchevole. Si potrà bene con la verità in mano conchiudere che in quel petto, o sia d’uomo o sia di donna, dove amor perfetto e vero ha collocato il suo seggio, gelosia non può aver luogo. Adunque come la febre è segno di vita, perchè ella non ha albergo in un corpo morto, la gelosia è segno d’imperfetto amore. Chi sarà che presuma di dire che dove è perfetta e sana vita ci sia febre? Egli si sa pure che la febre non può aver luogo, come s’è detto, se non in corpo vivo; nondimeno ella non resta di tormentarne e più tosto a morte che a vita ci mena, se l’uomo non usa i convenevoli rimedii. Il medesimo fa la gelosia, la quale com’è abbarbicata nel core d’un amante ed egli la lascia dominare, il più de le volte lo guida ad odio più tosto che ad amore. Onde si può veramente dire che il regno d’amore in tutti i suoi confini non ha più orrendo mostro, più pestilente aere nè serpe più velenoso di questo morbo e di questa gelosia. E qual in effetto è più fastidiosa e tormentata vita di quella d’un geloso? Egli non solamente s’afflige, si crucia, si rode e sempre dimora immerso in continovi travagli e dolori, perdendone il cibo e il sonno e ogn’altra quiete; ma tormenta e perturba ognora quella persona che dice amare più che le pupille degli occhi suoi, e a quella con sue agre rampogne, con suoi rammarichi, con invenzion nuove ed amare querele, con gran sospiri e gelate paure mai non lascia aver un’ora di quiete. Or vedete se questo pestifero morbo è fuor d’ogni misura penetrativo e crudele e se acceca in tutto col suo veleno il core ove egli può penetrare, chè il misero geloso sofferirebbe più tosto di veder la sua amata esser mendìca e andar d’uscio in uscio cercando il pane per vivere, che vederla fatta reina col favor e mezzo del suo rivale. Non vi par egli che questo sia un bello e buon amore? Da questo disordinatissimo volere misurate tutto il resto. Insomma egli è tale l’amor del geloso che ei non vorrebbe che la sua donna piacesse a nessuna