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di questa sua così subita, improvista fiera nemicizia, perchè avendolo in luogo d’amorevol fratello, troppo gli rincresceva venir' 'seco a questione, essendo desideroso di metter la vita per lui, e pigliar nemicizia per amor suo contra ciascuno che lo volesse offendere. Ma il giovine, o sentisse le parole o no, attendeva a menar le mani più valorosamente che fosse possibile. Da l’altra parte chi sa che al cavaliero, veggendo sì fatta novità, il diavolo non mettesse in animo che il fratello fosse stato quello che avesse violata ed incestata la sorella e, temendo che questa sceleratezza venisse a luce, fosse venuto ad ammazzarlo per dottanza che il barone non ammazzasse lui? Ma che che se ne fosse cagione, il cavaliero, perduta la pazienza, poi che vide il cognato non gli voler dar risposta alcuna ma con ogni sforzo offenderlo, e conoscendo che parola che dicesse nulla gli recava di profitto, vinto dal fiero sdegno che l’infiammava, non solamente attese a diffendersi, ma cominciò con fiero animo e con il ferire a gagliardamente offender il nemico. Ed avendo avuto già due ferite, ben che di poco momento, trasse una punta al povero giovine ne la gola, e passatala da banda a banda, nel ritirar de la sanguinolente spada, vide che il cognato cadette morto. Erano stati i servidori anco tra loro a le mani, ma senza sparger punto di sangue. Ora al cader de l’infelice giovine fu dato fine a la crudel questione. Intesa poi il cavaliero dai servidori del cognato la cagione di questa sventura, se rimase di mala voglia, pensilo ciascuno, imperò che si vedeva in un punto medesimo tanto sfortunatamente e fuor d’ogni credenza aver perduta la moglie che a paro de le pupille degli occhi suoi cara aveva, perduto il figliuolo che unico e tanto desiderato gli era nasciuto, e perduto il cognato che come fratello amava, con dubio di restar di continovo in fiera e mortal nemicizia con i parenti di quello. Onde senza fine oppresso da un fierissimo cordoglio, fu quasi per impazzire. Stette buona pezza così travagliato e fuor di sè che non sapeva se era vero ciò che era seguito o se pure s’insognava, e tuttavia si sentiva come due tenaglie al core che duramente glielo stringevano e sterpavano. E invero chi l’avesse veduto in viso averebbe giudicato che il povero gentiluomo era di maniera tormentato e così fieramente da soverchio dolor vinto, che non sapeva nè star ov’era nè quindi partirsi e montar a cavallo. I servidori suoi erano altresì, per la morte udita de la padrona e per il morto giovine che si vedevano dinanzi, tutti storditi. Pure eglino fecero tanto che il cavaliero, montato a cavallo, se ne ritornò al castello, e fatto