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agonia e martìri, nè sapeva di che. Ella aveva portato del lume in camera e postolo in un cantone di quella; poi postasi a canto a la madama e quella recatasi in braccio, la consolava a la meglio che poteva. Ritornato il marito e fatto levar via la damigella e andar ne la guardacamera, ragionò lungamente con la moglie. E già avendo deliberato di far uno scherzo a la braccesca al frate, domandati tre dei suoi più fidati servidori, insiememente con loro s’armò, e a cavallo tutti di brigata montati, andarono a quel camino ove si puotero imaginare il frate esser ito, nè a nessuno di là dentro disse il signor cosa veruna. Andarono buona pezza per quei confini come fanno i segugi e sagaci cani che la lepre cercano, ma niente mai trovarono. La notte era scura chè la luna non luceva, e il frate s’era di già assai dilungato e preso altro camino di quello che il cavaliero faceva, il quale veggendo che indarno s’affaticava, deliberò tornar al castello. Poi che ’l barone fu uscito di camera, la damigella vi ritornò e si pose a canto a la padrona, la quale, dato alquanto tregua a’ suoi dolori e pensando a’ casi suoi, e varii pensieri facendo e d’uno in un altro travarcando e ad uno attaccata, come si può da l’effetto seguìto imaginare, non volle più star in vita e a la deliberazion non tardò a dar compimento. E per non esser impedita dal suo fiero proposto, trovate certe sue favole, mandò la damigella col lume in altre camere a ricercar non so che. La damigella v’andò di lungo. Come ella fu uscita fuor di camera, la disperata dama, avviluppatosi un pezzo di lenzuolo al collo, di modo se lo annodò a torno e strinse sì forte che da se stessa si suffocò. Si può credere che la meschina e mal nata dubitasse, per le parole forse del marito a lei dette, che egli non l’uccidesse o che non le volesse bene o che le facesse qualche altro scorno; o tenendo fermo che questo suo errore fosse manifesto e non potendo sofferir la luce degli uomini nè l’esser come putta mostrata a dito, vinta da la estrema passione de l’onore che le pareva aver miseramente perduto, che eleggesse per minor male la morte. Ora nel penar del morire che fu violentissimo, o forse pentita e spaventata da la morte e volendosi ben che tardi aiutare, dimenando i piedi diede ne la picciola culla al letto vicina ove era riposto il novellamente nasciuto fanciullino, e di tal maniera fu la percossa, aiutata da la rabbia de la morte che la stimolava e costringeva, che la culla insieme col picciolino figliuolo cadde in terra. La bisogna andò così, che il povero bambino cadde boccone e morio in brevissimo spazio d’ora, avendo sempre la' 'culla di sopra. La damigella, poi che