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Decamerone del fecondissimo e da non esser mai senza prefazione d’onore nomato messer Giovanni Boccaccio ed altri libri volgari e in rima, entrano in còlera grandissima e sgridano fieramente chi quelli legge, dicendo i cattivi e mali costumi da sì fatte lezioni appararsi a le donne divenirne meno oneste. E qui dicono le maggior pappolate del mondo. Io sempre fui di questo parere, che il saper il male non sia male, ma il farlo sì, anzi credo che sia cagione molte fiate di schifar mille inconvenienti. Ed a ciò che non andiamo troppo lontano a pigliar testimonii, eccovi: se questo barone e la donna sua avessero letta o udita la novella d’Agiluffo, certamente non incorrevano in tanti inconvenienti come fecero, perchè si sarebbero d’un’altra maniera governati. Ma l’ignoranza che non fu mai buona, – ed ogni ignorante sempre è tristo, – fu cagione che il povero cavaliero in tal disordine cadde. Egli cercava il male come i medici. Ora le cose fatte non ponno essere non fatte. Lo sciagurato barone pensò più volte come poteva esser questa cosa e varie chimere andò tuttavia ne l’animo rivolgendo, nè al vero s’appose già mai. Aveva il cognato nel castello, del quale non bisognava aver dottanza alcuna; con il cognato non era persona che fosse di simil affare. Non gli pareva anco che in casa vi fosse uomo del quale potesse presumere che fosse stato oso di commetter così enorme fallo. Del frate, se veduto l’avesse, non averia creduto agli occhi proprii simile sceleraggine, tanta era la buona openione che di quello aveva. E circa questo fatto varie cose con la moglie discorrendo, che altro non faceva che piangere e poco dava orecchie a ciò che le dicesse, non sapeva dove dar del capo. A la fine pure, o che gli nascesse qualche dubio del frate o vero che con lui volesse consegliarsi o che che si sia, partì da la camera de la moglie che con i suoi lamenti averebbe mosso a pietà i sassi, e andò a la camera del frate e ritrovò quella aperta e che il frate non vi era. Del che rimase forte meravigliato, e il sospetto cominciò a farsi maggiore che egli avesse fatto il tradimento. Così tutto solo andò a la camera del castellano e domandò se a nessuno aveva quella notte aperto. Il castellano gli disse del modo che ’l frate era partito, ond’egli tenne per fermo il frate esser stato l’adultero e malfattore, e pieno d’ira e di mal talento contra quello, ritornò a la moglie, la quale ritrovò tanto stordita e così immersa nel dolore che rassembrava più ad una statua di marmo che a donna viva. Era con la donna la donzella, che lagrimava fieramente non per altra cagione se non perchè vedeva la sua padrona esser in tanta