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e cattivi costumi che aveva, e come il serpe ringiovinisce ne la buccia novella, così egli si rinuova ne la buona e costumata vita. Onde secondo che grandissimo piacere pigliava ne l’operar le vietate da la natura e da Dio disconcie e abominevoli opere, le comincia di modo aver in odio e biasimare che le aborre e fugge vie più forte che non fa l’agnello il lupo. Per il contrario trovando sempre l’opere vertuose esser sommamente da tutti i buoni scrittori lodate, se in sè vede cosa alcuna vertuosa e degna di commendazione, mirabilmente gode e molto se ne rallegra, e con tutto il core ringrazia e loda il datore d’ogni bene Iddio onnipotente, che gli abbia messo in core di seguir la via de la vertù. E se prima v’era fervente a seguitarla, ora si fa ferventissimo e va tutto il giorno di bene in meglio, pregando tuttavia la bontà divina che gli conceda la perseveranza. Ecco adunque, signora mia, che nasce da le lezioni de le cose occorrenti che si descriveno, per l’ordinario, buono ed odorifero frutto. Per questo avendo io, come ben sapete, scritto molte novelle che a questa età ed anco a l’altre sono accadute e di già postone assai insieme, non manco, ogni volta che qualche accidente degno di memoria intendo, quello porre appo gli altri. E tanto più volentieri gli scrivo, quanto ch’io sento quelli da persone degne di fede esser stati narrati. Onde essendo venuti alquanti gentiluomini e gentildonne a Bassens, ove voi fuggendo i caldi estivi in questa freschissima e assai agiata stanza vi diportate, udii raccontar un caso degno di compassione che il mio da me tanto amato e dai dotti riverito Giulio Cesare Scaligero, uomo in ogni dottrina eminentissimo, narrò, e disse per quanto ne aveva contezza esser stato prima detto da madama Margarita di Francia, oggidì reina di Navarra, donna che in sè sola contiene la chiarezza, con le lodi ed eccellenze a tutte le famose eroine da’ saggi scrittori per il passato date. Ora come l’ebbi ascoltato, parvemi che potesse per molte cagioni esser giovevole la scrittura di quello a chiunque la sentisse, e per questo fra me deliberai, nel modo che inteso l’aveva, di scriverlo. E così avendolo a la meglio che ho saputo scritto, a fine che se ne possa cavar quel frutto che si ricerca, m’è paruto non disdicevole, avendo egli avuta così alta origine, darlo fuori, a ciò che essendo per commune utilità di tutti scritto, possa anco esser da tutti veduto e letto. Sapendo poi io quanta voi sète divota e serva d’essa madama la reina e continova e chiara divolgatrice de le sue rare doti, – chè altro mai non fate che predicare, lodare e senza fine essaltar l’ingegno, la facondia, la cognizione