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m’hanno distrutto ed arso, e così il nome suo e la rimembranza mi levo dal core, che in me luogo non averanno già mai. Nè più di lei si ragioni. Andiamo, che io veggio il signor duca che va verso l’alloggiamento. – Queste parole dette, si levarono ed entrarono in altri ragionamenti seguitando il camino del duca. Quel giorno stesso pensando il Ventimiglia che era ben fatto che per qualche tempo stesse fuor di Napoli, pigliata l’oportunità del tempo, chiese licenza al duca d’andar in Calabria a Cotrone al suo marchesato e poi passar in Sicilia. Avuto il congedo, se ne venne a Napoli a far riverenza al re Alfonso; e dato ordine a’ casi suoi, cavalcò in Calabria e vi dimorò qualche dì. Dapoi se ne passò in Sicilia, ov’erano molti anni che non era stato. Nè crediate che egli stesse in ozio: egli cavalcò tutta l’isola, veggendo ogni dì cose nuove e macerando con le continove fatiche l’appetito che talvolta la beltà de la Macedonia gli appresentava e quasi lo faceva pentire' 'd’esser partito. Tuttavia ancor che spesso egli fosse tentato di ritornarsene e provare per qualche tempo se poteva con perseveranza romper la durezza de la donna crudele, tanto in lui potè la ragione che egli in tutto la gittò dopo le spalle; e in lui essendosi quell’indurato affetto molto rallentato, cominciò con sano giudizio le durezze di quella e gli sgarbati modi a considerare. Onde sentendosi del tutto esser libero, deliberò ritornarsene a la corte. E così essendo stato circa sette mesi fuori, tornò a Napoli, e mai più non passò dinanzi la casa de la donna, se per sorte non si trovava in compagnia d’altri che facessero quella via. Alora se ben ella era a le finestre od in porta, egli faceva vista di non vederla, nè più nè meno come se mai veduta non l’avesse. Nè in Napoli dopo il ritorno di Sicilia stette dui mesi, che ciascuno s’avvide di questa mutazione, e ne fu da tutti sommamente commendato, tanto era a tutti la ritrosa natura de la Macedonia in fastidio. E perchè come dice il divin poeta messer Francesco Petrarca che a questa malizia d’amore altro rimedio non è che da l’uno sciogliersi e a l’altro nodo legarsi, come d’asse si trae chiodo con chiodo, ancor che de l’amor de la signora Lionora fosse libero, nondimeno se qualche scintilla di fuoco era sotto le vecchie ceneri sepellita, egli del tutto l’estinse, perciò che a nuove fiamme il petto aperse, cominciando a riscaldarsi de l’amor d’una giovane molto bella, la quale, conosciuto il vero amor del cavaliero, non si dimostrò punto schiva, di modo ch’egli acquistò la grazia di lei ed ella di lui. Di questo secondo amore trovandosi il signor Ventimiglia molto contento ed ogni dì