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la castità e pudicizia mia rubarmi e tormi quello che nè per fatica nè per oro più si può ricuperare. E se la continenzia mia così fatto frutto ha riportato, perchè resta l’adulterio impunito? Voglio io forse mettermi nel numero di quelle che per ogni picciol prezzo a ciascuno vendono il corpo loro? Come potrà mai, misera me! l’animo mio puro e castissimo con queste macchiate e stuprate membra starsi e con loro aver commerzio? Quale è proporzione tra le tenebre e la luce che a modo nessuno ponno in un medesimo luogo essere, tal ora sarebbe dal candido animo mio a questo vituperato corpo. Il perchè vuol la ragione che l’uno da l’altro sia separato. Ma per dir il vero, credete voi che ancora che l’animo mio fosse stimato ai piaceri de l’adultero ritroso e che la ragione non volesse a l’adulterio consentire, che il senso e l’appetito concupiscibile non si sia in qualche particella dilettato ed abbia tanto o quanto al piacer consentito? Il mio peccato non deve in modo alcuno restar senza punizione. Perdonami, padre mio, e tu, carissimo marito, non ti turbare; perdonatemi voi, dèi e dèe, a cui la santa pudicizia è sacrata: poi che la cosa a questo è ridotta e niente deve esser celato e conviene innanzi a voi il vero manifestare, io il pur dirò. Era ben io ritrosa, era io ostinata contra l’adultero e disposta a non gli consentire, ma non potei già tanto attristarmi e tanto dai disonesti abbracciamenti rivocar l’animo, che il fragile e mobil senso alquanto non si dilettasse e i mal ubidienti membri qualche poco di piacere non sentissero, chè io non sono di legno nè generata fui di pietra, ma sono donna di carne come l’altre. Quella trista ed ingrata dilettazione, quello qual che si fosse piacere, merita esser con la mia morte castigato. E certo troppo più potenti si sentono le forze de la libidine col diletto dei carnali congiungimenti che altri non pensa. Tolgano i dèi che io con questa macchia viva e soffra che mai sia mostrata a dito e si dica un adultero esser meco giaciuto. Sapete non esser cosa al mondo che sia più mutabile de la femina. Io non vorrei che differendo di darmi il convenevol castigo, le cose disoneste incominciassero a dilettarmi e a poco a poco mi cangiassi l’animo che ora aver mi sento. Pertanto lasciate pur che io col ferro passi questo mio petto, il quale quello scelerato primieramente occupò e dove de la sua sfrenata lussuria gli incitamenti lascivamente ricercava. Non vogliate persuadermi d’aver' 'di me misericordia, poi che degna sono d’essere punita. Se io a la vita mia perdono, non conoscete voi chiaramente che ad una adultera già perdono? E se a l’adulterio perdono, come posso