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e seco stesso de la disonestissima sua vittoria gloriandosi, in campo ad Ardea tutto ridente se ne ritornò, non pensando di quanta amarezza quel poco piacere gli deveva esser cagione. L’afflitta e sconsolatissima Lucrezia, levatasi per tempissimo e tutta di panni negri vestita, piena d’amarissime lagrime, subito mandò un messo a Roma a suo padre e un altro a l’oste d’Ardea a Collatino suo marito, facendo lor intendere che senza punto tardare eglino, con i più fidati e cari amici che avessero, a Collazia devessero venire, chè così era necessario di fare, e non perder tempo, perciò che l’era occorso un’atroce e nefandissima cosa che dilazione non sofferiva. Il messo, usata ogni diligenzia, trovò in Roma Spurio Lucrezio padre di Lucrezia, il quale, preso seco Publio Valerio, uomo d’alto ed animoso core, subito verso Collazia s’inviò. Collatino insieme con Luzio Giunio Bruto venendo a Roma, fu dal messo de la moglie trovato, col quale verso Collazia se n’andò. Era Bruto figliuolo d’una sorella del re Tarquinio, il cui ingegno era assai differente da quello che nel viver di fuor dimostrava, perciò che veggendo i primi e più nobili de la città ed il suo medesimo fratello dal zio esser morti, deliberò viver di maniera che di lui il re in modo alcuno non avesse a dubitare. E fingendo d’esser pazzo e cotali sciocchezze mille volte il dì facendo come fanno i buffoni, divenne in modo in openione di matto che appo i figliuoli del re, più per dar loro con le sue pazzie trastullo che per altro, era tenuto caro. Arrivarono il padre ed il marito de la sconsolata Lucrezia con i compagni a una medesima ora a Collazia, ove Lucrezia lagrimante e con veste di duolo abbigliata ritrovarono. Il marito subito domandò la moglie se le cose erano salve e come ella stava. A cui Lucrezia tutta sospirosa e di mala voglia rispose: – Marito mio, le cose mie non potrebbero andar peggio di quello che vanno. E che cosa può esser in una femina di salvo, come ella ha perduta la pudicizia? Nel tuo letto, Collatino, sono impressi i vestigi d’un altro uomo che di te. Gli è ben vero che questo corpo mio solamente è violato, perciò che mai l’animo mio a commetter l’adulterio non ha consentito, il che con la morte mia a tutto il mondo chiaro e manifesto apparirà. – Narrata dopoi con molti singhiozzi e lagrime ai circostanti tutta l’istoria del dolente caso occorso, e fatto a lor giurar di farne la debita vendetta, a ciò che nessuna impudica mai per suo essempio restasse in vita, deliberò se stessa con le proprie mani ancidere. Il padre, il marito, Bruto e Valerio, sforzandosi di consolarla, l’essortavano a cacciar da sè sì fiero proponimento e pensare che tutta la colpa era da esser