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taci, chè io son Sesto Tarquinio. Se tu averai ardire di parlare, io con questa spada che in mano mi vedi ti segherò le vene de la gola – Ardeva in camera un picciol lume, per il cui splendore Lucrezia così dormendo a l’innamorato e furioso giovine pareva più bella che veduta già mai per innanzi l’avesse. Ora come ella si sentì metter la mano sovra il petto, subito si risvegliò e tutta tremante disse: – Oimè, che cosa è questa? Ove son io? chi è là? – Il giovine, che tutto ardeva d’amore, le cominciò a narrare le sue passioni amorose e caramente pregarla, aggiungendo le lagrime a le preghiere, che seco a giacersi l’accettasse. Ma egli invece d’una morbida e delicata donna che trovar si credeva, ritrovò un duro ed alpestre scoglio, perciò che mai non puotè con lusinghevoli parole, con larghissime promesse e con terribilissime minaccie, nè con quanta paura le sapesse fare, indurla che compiacer gli volesse. Quanto egli più pregava tanto più ella constante gli resisteva, disposta prima di morire che mai violar il nodo del santo matrimonio. Il che veggendo Tarquinio e conoscendo che cosa che egli si facesse niente di profitto gli recava, pieno di mal talento, con orgogliosa e minaccevol voce iratamente le disse: – Io veggio, Lucrezia, che tu prima sei disposta di morire per le mie mani che a le mie preghiere condescendere, e poi che tanto ostinata esser vuoi, io con questa tagliente spada che ignuda mi vedi tener in mano ti anciderò, e poi uno dei tuoi servi, medesimamente da me svenato, appo te nel letto porrò, dicendo publicamente che io t’abbia in disonesto adulterio seco trovata e tutti dui ancisi, per levar questa macchia dagli occhi di Collatino tuo marito, di maniera che eternamente vituperata restarai. – A questa voce e a le fiere minaccie del superbo giovine di volerle porre appresso un servo ucciso, come se trovata in adulterio l’avesse, il generoso ed invitto animo de la castissima Lucrezia si piegò, non già di sodisfare al libidinoso amante ma, tenendo sempre fermo il casto suo proposito, lasciargli il corpo in potere, a ciò che, come giurava di fare, non l’ancidesse a lato un servo ed il suo chiaro nome con così vituperosa infamia dopo la morte rimanesse. Questa tèma fu la tagliente scure che l’indurato ghiaccio del castissimo petto spezzò, non potendo' 'ella soffrir da pensare che dopo la morte sua simil sceleratezza di lei fosse detta. Per questo il libidinoso giovine ebbe il corpo in suo potere e, seco giacendo, quanto volle amorosamente si trastullò, conoscendo perciò che quasi come con una statua era con lei giaciuto, chè in atto nessuno nè in parole se gli mostrò pieghevole. Partissi poi il feroce e trascurato giovine,