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i bisognosi, io so che staremmo male. Povero vecchio insensato che egli è, che vuol far il bravo e non s’avede che de le diece volte che vuol prendersi meco carnalmente piacere, egli fa, le otto, tavola e spende doppioni! Si crede poi con il suo parlar tondo e con l’andar in ponta di piedi come fanno i ragni, avermi contentata. A la croce di Dio, e’ vi vuol altro che parole a sodisfar a una donna! Ma io non sono mica stata così sciocca che io non abbia, con il meglior modo che ho potuto, proveduto ai casi miei e per carità ed amorevolezza provisto ai bisogni degli altri. Ora il tutto è finito, poi ch’io son morta. Io ho tante volte sentito dire che il morire è così gran pena e così pieno di spavento. A me pare egli che tutte siano baie e filostoccole da narrar la sera al fuoco, chè io per me non ho sentito dolor alcuno nè un minimo fastidio in questa mia morte. È ben vero che par che alquanto mi doglia il capo e ch’io mi senta lo stomaco gravato. Ma torniamo un poco a vedere che peccati altri io ho, a ciò che quando sarò dinanzi al Giudice essaminata, sappia rispondere. Egli è vero che io beveva volentieri e che ogni dì mio marito me ne garriva e mi chiamava imbriaca. Io beveva sì, e quanto il vino era megliore io lo beveva molto più volentieri, Or che peccato è egli il bere? Maggior peccato credo io che facesse mio marito, che nel botticino innacquava quel poco vino che ci era, a pericolo di guastarmi lo stomaco ed anco la botte, perchè sempre sentiva un poco del legno. Nè ti creder ch’egli ne volesse gustar gocciola. Egli se n’andava a desinare e a cena a casa di suo padrone, a mangiar di buon capponi e starne, ed io restava con un poco di carne di bue o di pecora e con il vino troppo innacquato. – Mentre che queste e mille altre sciocchezze, che troppo lungo sarebbe a raccontare, la donna come imbriaca tra sè diceva, ecco che Matteo cominciò a sonar la lira e cantarvi dentro. Il che sentendo ella: – Lodato sia Iddio, – disse, – che io sono in paradiso, ove sento che gli angeli suonano e cantano. Io diceva bene che io non aveva peccato d’andar a l’inferno. – E dicendo questo, diede una volta per la farina e di nuovo s’addormentò. Ora stato il bresciano col compar Alessio buona pezza dopo il desinare a ragionar seco e sentir la lira, partirono poi di casa e se n’andarono verso la piazza dei Signori. Nè guari quivi si dimorò a ragionare, che il buon bresciano, trovate sue scusazioni, ne venne a casa, e andato ove era la moglie, aperse la finestra e, dato di piedi ne l’arca, disse: – Dormi tu ancora? olà, che venga fuoco dal cielo che t’arda. – La donna si risvegliò e tutta sonnacchiosa disse: – O marito