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m’aspetta. – Così se n’andò, e trovato il compare a casa lo condusse, e per meglio onorarlo invitò anco Matteo da la Lira. Nè crediate che io dica Agostino da la Viola, quel così famoso da Ferrara, che ai nostri giorni con la viola in collo è veramente stato un nuovo Orfeo. Ma questo di cui vi parlo è un povero compagno che sa così un poco gratugiare la lira e dire a l’improviso. Ed in vero chi sente quei suoi versacci ed abbia niente di gusto di versi, s’accorge molto bene che sono detti impensatamente, perciò che non ci è verso dei suoi tanto limato che non abbia almeno nove o dieci piedi, senza poi le belle e scielte parole, che tutte son nate, allevate e fatte perfette nel borgo di San Zeno, ove questa lettera «o» è in maggior riverenza che non è esso santo, onde hanno un privilegio di terminar il più de le parole loro in «o». Ora vennero costoro a desinare e furono assai comodamente di ciò che ci era serviti. Mentre che essi desinavano, la donna che sepolta era dentro l’arca de la farina si risvegliò alquanto, e quinci e quindi le mani dimenando nè dove ella si fosse imaginar sapendo, si dubitò d’esser forse morta, parendole che la farina fosse polvere. E per esser ancor molto ben carca di vernaccia, ella non sapeva discerner la farina da la polvere. Nè veggendo punto di lume, chè la finestra e l’uscio del luogo erano chiusi e l’arca chiavata, tenne per fermo esser passata a l’altra vita e sepolta; onde fra sè diceva: – Cotesta è una mirabil cosa, che io sia morta e non mi sovenga d’aver avute alcune infermità e non sappia quando io morissi. Ora sapessi io almeno se sono in paradiso od in purgatorio o per i miei peccati condannata a l’inferno. Ma che peccati aveva io di venir a casa del diavolo? Che se io ho prestato il mio corpo a questi e a quelli, e sovra tutti al nostro fornaio che infornava così bene e così gagliardamente, che è poi cotesto? Io non penso già che sia peccato a far piacere a’ poveri compagni, ben che questi preti e frati dicano di sì. E nondimeno quando io era con quelle buone donne a Vinegia, tutto il dì i preti e frati per la casa le trescavano, ed io so che meco più di tre paia ci sono giaciuti. Io anco non so che ingiuria in questo si faccia a’ mariti, quando essi ogni volta che vogliono si ponno giacer con le moglieri. E mio marito non trovò già mai che una sola volta la parte sua, quando l’ha voluta, non ci fosse. Così la volesse egli ogni dì e fosse bastante per i miei bisogni come io sono per i suoi! Egli quando mi menò via da Vinegia mi promise di molte cose, de le quali io non ne ho trovata nessuna. E se io non mi fossi ingegnata guadagnar alcuna cosetta con soccorrer