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al molto illustre signore il signor Luigi Gonzaga marchese di Castiglione
Aveva il signor conte Guido Rangone vostro cognato e, conte sapete, luogotenente generale in Italia di Sua Maestà cristianissima, comandato che qui in Pinaruolo un giovine molto prode de la persona s’impiccasse, perciò che egli aveva sforzata violentemente una giovane, non ostante che i parenti de la donna avessero a lo sforzatore già perdonata l’ingiuria e la giovane stessa si contentasse che da la giustizia fosse assoluto. Essendone poi anco esso signor conte da molti capitani e valenti soldati pregato, tutti brevemente risolse: che senza fine gli doleva far morir un uomo, fosse chi si volesse, non che poi un soldato e valente; ma che era necessario che la giustizia avesse luogo e che simil enorme delitto non restasse impunito, perciò che se l’esser giusto stava ben a tutti i rettori e giudici dei popoli e a tutti i prencipi e signori, che meno non stava bene a un capo e governatore d’esserciti, nei quali l’ubidienza e giustizia era più che necessario che s’essequisse. E così il misero e sfortunato giovine pagò un poco di piacer venereo con il prezzo de la vita e fu impiccato. Erano quel dì ne la sala del palazzo ove alloggiava il signor conte molti gentiluomini in drappello, essendo veramente in questo felicissimo campo il fior di tutta la nobiltà italiana, e variamente del successo caso secondo la diversità de le affezioni si ragionava. Onde il capitano Vincenzo Strozzi figliuolo di Filippo, che era di brigata con loro, disse: – Signori, non vi meravigliate se il signor conte ha voluto che lo stupratore muoia, perciò che in vero se la giustizia non si facesse negli esserciti, essi non sarebbero esserciti ma spelonche di ladroni. La giustizia in effetto dispiace a quelli contra i quali si fa, ma ella è di tanta vertù che nessuno ci è che mal ne possa dire, e sforza gli animi degli uomini a temere, amare e riverir tutti i giudici giusti. E pare che un prencipe ancor che abbia di molte taccarelle, se è giusto, è da dire che la giustizia sia un manto che copra gli altri suoi errori. Sapete se la casa mia ha cagion di lodarsi d’Alessandro Medici duca di Firenze. Nondimeno io son astretto a dire che egli governa quello Stato