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ho avuti ne le mani e a tutti il naso tagliato e fatto levar via gli orecchi. L’imperadore è quello che di tanti danni e mali quanti in questi tre mesi ho fatto in queste bande, che è la sola cagione. Fui con superchiaria in casa sua battuto, e mai non volle darmi licenza che io a battaglia singolar mi vendicassi, anzi al mio nemico, suo ganimede, ha fatto tutti quei favori in dispregio mio che a lui sono stati possibili. Pertanto con questa condizione ti lascierò andar libero con i tuoi figliuoli, che tu mi prometti la fede tua e mi giuri di portar a l’imperadore e presentargli un vaso che io ti vo’ dare, il quale è pieno di nasi ed orecchie di quelli che a le mani capitati mi sono. Oltra questo io vo’ che tu gli dica come io sono Meguolo Lercaro genovese, e che ho deliberato non mi partir mai da queste contrade se prima egli non mi dà ne le mani colui che in casa sua mi percosse. E poi anco vorrò alcune altre condizioni da lui. – Il buono e avventuroso vecchio promise e santamente giurò di far con diligenza tutto quello che Meguolo gli imponeva. Onde pigliato il vaso, lieto e di buona voglia con i figliuoli se ne andò a la volta di Trebisonda, ed appresentatosi a l’imperadore, puntalmente a quello in presenza di quanti ci erano fece l’imbasciata di Meguolo. Dopo gli appresentò l’orribil vaso. Restarono tutti storditi insieme con l’imperadore a sì fiero spettacolo, nè sapevano che dirsi, guardandosi l’un l’altro in viso. Quanto dispiacesse a l’imperadore che il vecchio in publico gli avesse fatta simil ambasciata, non si potrebbe dire, perciò che troppo altamente gli doleva dar il suo favorito a Meguolo ne le mani, tenendo per fermo che subito sarebbe tagliato in mille pezzi. Gli doleva troppo il male che i sudditi suoi pativano ed erano tutto il dì per sofferire, se a la domanda de l’ingiuriato Meguolo non si sodisfaceva; troppo duro poi gli era levarsi da canto il suo ganimede. Posto adunque tra l’incude e il martello, non sapeva che farsi. Ma sentendosi ogni giorno nuovi incendii fatti da Meguolo per il paese, e cominciando già il popolo a tumultuare, e grandi e piccioli liberamente dicendo che il favorito cortegiano deveva darsi in poter di Meguolo, che ne facesse ciò che più gli era a grado, a ciò che il paese non si guastasse; impaurito l’imperadore che la provincia non si sollevasse contra lui, deliberò andar in persona a parlar con Meguolo. E mandatogli un araldo per sicurezza sua e di chi seco andasse, ed avutala, andò a la marina ove Meguolo era, assai vicino al lito. Menò seco l’imperadore il favorito cortegiano, e come fu per iscontro a le galere, che tanto erano vicine che potevano parlarsi insieme, dopo le prime