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turca. La quale' 'col figliuolino morto in braccio al tiranno rivolta, poco la vita curando, audacemente disse: – È questo il tuo fratello, o imperadore, che tuo padre morendo con tante lagrime ti raccomandò? A questo modo ti par ragionevole di macerar un innocente bambino? Con la morte del fratello vuoi, prima che tuo padre sia seppellito, dar principio al tuo imperio? Oh sceleratezza nefaria e crudelissima e più che tirannica! o ferina crudeltà! Dio come ti sostiene? Aspetta, aspetta, chè tu ancora la vita tua così finirai, e credilo a me che altra morte non sei per fare. – Dicendo queste e simili altre parole, la dolente madre cascò stramortita dinanzi ai piedi di Maometto. Egli comandò che la donna fosse rilevata, a la quale, essendo in sè rivenuta, tutto lieto e con ridente faccia cercava il dolor levare dicendo: – Madre mia, egli bisogna che voi abbiate pazienza e che con buon animo sopportiate la necessità, perciò che ciò ch’è fatto non può esser che fatto non sia. Sapete bene che de la casa nostra Ottomanna l’antica costuma è che ne la creazione dei nuovo prencipe tutti i maschi del sangue ottomanno soffocare si sogliono, a ciò ch’un solo senza competitore resti signore, chè secondo ch’in cielo è uno Dio solo, così conviene che in questo nostro imperio sia solamente un imperadore. Perciò vi essorto e prego a rasciugar le lagrime e star di buona voglia, chè in luogo del morto Tursino vi sarò sempre ubidiente figliuolo. – E per meglio consolarla le soggiunse che ella domandasse ciò che voleva, perchè mai non patiria repulsa di cosa che chiedesse, quantunque fosse grandissima. La donna, di passione e d’ira ardendo ed altro non bramando che poter in parte vendicar la morte de l’innocente figliuolo, così gli rispose: – Signore, se tu vuoi che io ti creda ciò che mi dici, dammi in poter mio questo scelerato micidiale Mosè, ch’io ne faccia ciò che più m’aggradirà. – A pena ebbe la sua domanda la donna compìta, che il perfidissimo tiranno comandò che a Mosè fosser legate le mani e i piedi e dato in poter de la donna, non avendo riguardo che l’infelice Mosè era sin da fanciullo seco nodrito, e che comandato gli aveva che strangolasse Tursino. Lieta la donna del ricevuto dono e colma d’ira, con un coltello che a lato aveva, a la presenza di Maometto cominciò a svenar il misero Mosè, il quale chiedeva con lagrimose voci aita e mercè al suo signore. Ella col coltello avendolo in più luoghi ferito e lacerato, al fine nel core fieramente lo trafisse. Dapoi apertogli il destro lato, gli cavò il fegato e gittatolo per èsca a’ cani, alquanto la dolente donna s’acquetò.