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a persona creduto che ella avesse mai fatto tanto fallo. Ora avvenne che essendo il marito venuto di Savoia a casa nel principio del mese di luglio, che egli un giorno si mise ad una finestra de la sua camera che guardava sovra un bellissimo giardino che era fuor de la ròcca. La donna col suo amante di poco avanti cena se n’andò nel giardino per lo sportello del soccorso, e quivi sotto un pergolato seco passeggiando, non credendo esser da persona visti, più volte amorosamente lo basciò, e il giovine due e tre fiate le pose le mani in seno toccandole amorosamente le poppe e seco lascivamente senza rispetto veruno scherzando. Vide il marito da la finestra tutti quegli atti disonesti e fieramente se ne turbò, entrando in còlera grandissima; ma come quello che era prudentissimo, dissimulò lo sdegno che aveva, deliberando tra se stesso, come proverbialmente si dice, di pigliar la lepre col carro. Onde essendo le tavole messe e la cena ad ordine, cenò di compagnia, mostrandosi più de l’usato allegro e di molte carezze al giovine facendo; e il tutto egli faceva per meglio chiarirsi del disonesto amore de la sua donna. Cominciò adunque diligentemente gli atti loro, i cenni, le parole ed ogni movimento ad osservare, e a tutto ciò che facevano por gli occhi e spiar ogni lor azione, onde senza troppa difficultà s’avvide che la moglie ad altro papero che al suo dava da beccare. Nondimeno egli fu così costante e sì saggiamente si governò che nulla mai di questo a la moglie disse nè al giovine mostrò tristo viso già mai; anzi come soleva far per innanzi perseverava, a ciò che più gli assicurasse e gli potesse cogliere sul fatto. Il perchè gli amanti non pensando essere spiati, andavano dietro a buon giuoco ai lor amori, ma per esser in casa il padrone, con grandissima difficultà potevano sfogar amorosamente i lor disiri. Ora avvenne, del mese di settembre, che il duca di Savoia si ritrovò in Turino e per alcuni affari mandò a chiamar il marito di cotesta donna. Egli alora si pensò esser venuta l’occasione di coglier a l’improviso il gallo e la gallina su l’ova. Ordinò adunque che tutta la famiglia il dì seguente montasse a cavallo e andasse a la volta di Turino, ed egli solamente seco ritenne un suo cancegliero di cui molto si fidava. Domandato da la donna a che fine egli facesse questo, così le disse: – Moglie mia, io vo’ che domatina a buon’ora tutti si partano e vadano verso la corte. Io starò qui per tutto dimane, e dopo cena col cancegliero me n’anderò in posta che già ho fatto proveder di cavalli, chè ancora che siamo di settembre a me pare che il giorno faccia grandissimo caldo. Noi correremo la notte che luce la luna e