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mare ove ora in sdruscito legno senza governo mi ritrovo, io vi prometto la fede mia e quella vi attenderò, che una notte con un tagliente coltello contra me stessa incrudelirò e mi segherò le vene de la gola, chè prima morir deliberata sono che di non mantener la fede coniugale a Romeo. – Era il frate un grandissimo esperimentatore che ai suoi dì aveva cercati assai paesi ed erasi dilettato di provare e saper cose diverse, e sopra il tutto conosceva la vertù de l’erbe e de le pietre, ed era uno dei gran distillatori che a quei tempi si trovassero. E tra l’altre sue cose egli componeva alcuni sonniferi semplici insieme, ed una pasta ne faceva, che poi riduceva in minutissima polvere che era di meravigliosa vertù. Ella poi che era con un poco d’acqua bevuta, in uno o dui quarti d’ora di modo faceva dormire chi bevuta l’avesse, e sì gli stordiva gli spiriti e di maniera l’acconciava che non c’era medico per eccellentissimo che fosse e ben pratico che non giudicasse colui esser morto. Teneva poi in così dolce morte il bevitore circa quaranta ore almeno e talora più, secondo la quantità che si beveva e secondo il temperamento degli umori del corpo di chi la beveva. Fatta che aveva la polvere la sua operazione, svegliavasi l’uomo o donna nè più nè meno come se lungo sonno dolcemente avesse dormito, nè altro disturbo o male faceva. Ora avendo messer lo frate intesa chiaramente la deliberata disposizione de la sconsolata giovane, a pietà di lei commosso, a gran pena puotè ritener le lagrime, onde con pietosa voce le disse: – Vedi, figliuola mia, egli non bisogna parlar di morire, perchè io t’assicuro che se una volta morrai, che di qua non tornerai più se non il giorno de l’universal giudizio, quando insieme con tutti i morti saremo suscitati. Io vo’ che tu pensi a vivere fin che a Dio piacerà. Egli ci ha data la vita, egli la ci conserva: egli quando gli piace a sè la ritoglia. Sì che caccia da te questo melanconico pensiero. Tu sei giovane e adesso ti deve giovar di vivere e di goder il tuo Romeo. Noi trovaremo rimedio a tutto, non dubitare. Come tu vedi, io sono in questa magnifica città generalmente appo tutti in grandissimo credito e buona riputazione. Se si sapesse ch’io fossi stato consapevole del tuo matrimonio, e danno e vergogna infinita ne riporterei. Ma che saria se io ti dessi veleno? Io non n’ho, e quando ben n’avessi non te ne darei, sì perchè l’offesa di Dio sarebbe mortalissima e sì anco chè io in tutto perderei il credito. Tu puoi ben intendere che per l’ordinario poche cose d’importanza si fanno che io con la mia autorità non ci intravenga; e non sono ancor quindeci giorni che il signor de la città m’adoperò in un maneggio di