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che a voi vicino restar morto? Che io mai debbia esser cagione di macchiar in minimissima parte l’onor vostro, questo non credo che avverrà già mai, perchè io per conservarlo chiaro e famoso com’è mi ci affaticherei col sangue proprio. Ma se in voi tanto potesse l’amor di me come in me di voi può il vostro, e tanto vi calesse de la vita mia quanto a me de la vostra cale, voi levareste via tutte queste occasioni e fareste di modo che io viverei il più contento uomo che oggidì sia. – E che vorreste voi che io facessi? – disse Giulietta. – Vorrei, – rispose Romeo, – che voi amassi me com’io amo voi e che mi lasciaste venir ne la camera vostra, a ciò che più agiatamente e con minor pericolo io potessi manifestarvi la grandezza de l’amor mio e le pene acerbissime che di continovo per voi soffro. – A questo Giulietta alquanto d’ira accesa e turbata gli disse: – Romeo, voi sapete l’amor vostro ed io so il mio, e so che v’amo quanto si possa persona amare, e forse più di quello che a l’onor mio si conviene. Ma ben vi dico che se voi pensate di me godere oltra il convenevole nodo del matrimonio, voi vivete in grandissimo errore e meco punto non sarete d’accordio. E perchè conosco che praticando voi troppo sovente per questa vicinanza potreste di leggero incappare negli spiriti maligni ed io non sarei più lieta già mai, conchiudo che se voi desiderate esser così mio come io eternamente bramo esser vostra, che debbiate per moglie vostra legitima sposarmi. Se mi sposarete, io sempre sarò presta a venir in ogni parte ove più a grado vi fia. Avendo altra fantasia in capo, attendete a far i fatti vostri e me lasciate nel grado mio vivere in pace. – Romeo che altro non bramava, udendo queste parole, lietamente le rispose che questo era tutto il suo disio e che ogni volta che le piacesse la sposeria in quel modo che ella ordinasse. – Ora sta bene, – soggiunse Giulietta. – Ma perchè le cose nostre ordinatamente si facciano, io vorrei che il nostro sponsalizio a la presenza del reverendo frate Lorenzo da Reggio, mio padre spirituale, si facesse. – A questo s’accordarono, e si conchiuse che Romeo con lui il seguente giorno del fatto parlasse, essendo egli molto di quello domestico. Era questo messer lo frate, de l’ordine dei minori, maestro in teologia, gran filosofo ed esperto in molte cose e distillator mirabile e pratico de l’arte magica. E perchè voleva il buon frate mantenersi in buona openione del volgo ed anco goder di quei diletti che gli capevano ne la mente, si sforzava far i fatti suoi più cautamente che poteva, e per ogni caso che potesse occorrere, cercava sempre appoggiarsi ad alcuna persona nobile e di