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vedere ove la giovanetta s’inviasse; ma guari non stette che egli chiaramente conobbe che era figliuola del padrone de la casa, ed anco se ne certificò da un suo benvogliente dimandandogli di molte donne. Di questo si trovò forte di mala voglia, stimando cosa perigliosa e molto difficile a poter conseguir desiderato fine di questo suo amore. Ma già la piaga era aperta e l’amoroso veleno molto a dentro entrato. Da l’altra banda Giulietta bramosa di saper chi fosse il giovine in preda di cui già sentiva esser tutta, chiamata una sua vecchia che nodrita l’aveva, entrò in una camera, e fattasi a la finestra che per la strada da molti accesi torchi era fatta chiara, cominciò a domandarla chi fosse il tale che così fatto abito aveva e chi quello che la spada aveva in mano e chi quell’altro, ed anco le richiese chi fosse il bel giovine che la maschera teneva in mano. La buona vecchia che quasi tutti conosceva, le nominava questi e quelli, ed ottimamente conosciuto Romeo, le disse chi fosse. Al cognome del Montecchio rimase mezza stordita la giovane, disperando di poter ottener per sposo il suo Romeo per la nemichevol gara che era tra le due famiglie; nondimeno segno alcuno di mala contentezza non dimostrò. Andata poi a dormire, nulla o poco quella notte dormì, varii pensieri per la mente rivolgendo; ma distorsi d’amar il suo Romeo nè poteva nè voleva, sì fieramente di lui accesa si trovava. E combattendo in lei l’incredibil bellezza de l’amante, quanto più difficile e perigliosa la cosa sua vedeva, tanto più pareva che in lei, mancando la speranza, crescesse il disio. Così combattuta da dui contrarii pensieri, dei quali l’uno le dava animo di conseguir l’intento suo, l’altro del tutto ogni via le troncava, diceva bene spesso tra sè: – Ove mi lascio io da le mie mal regolate voglie trasportare? che so io, sciocca che sono, che Romeo m’ami? Forse lo scaltrito giovine quelle parole per ingannarmi m’ha dette, a ciò che ottenendo cosa da me meno che onesta, di me si gabbi e donna di volgo mi faccia, parendoli forse a questo modo far la vendetta de la nemistà che tutto il dì incrudelisce più tra i suoi e i miei parenti. Ma tale non è la generosità de l’animo suo che sopportasse d’ingannar chi l’ama e adora. Non son le vaghe sue bellezze, se il viso dà indizio manifesto de l’animo, che sotto quelle sì ferrigno e spietato core alberghi; anzi mi giova credere che da così gentil e bel giovine altro non si possa aspettare che amore, gentilezza e cortesia. Ora poniamo che veramente, come mi fo a credere, m’ami e per sua legitima moglie mi voglia: non debb’io ragionevolmente pensare che mio padre nol