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era divenuto Romeo consideratore de le bellezze de le donne che erano su la festa, e questa e quella più e meno secondo l’appetito commendava, e senza danzare s’andava in cotal maniera diportando, quando gli venne veduta una fuor di misura bellissima garzona che egli non conosceva. Questa infinitamente gli piacque e giudicò che la più bella ed aggraziata giovane non aveva veduta già mai. Pareva a Romeo quanto più intentamente la mirava che tanto più le bellezze di quella divenissero belle, e che le grazie più grate si facessero, onde cominciò a vagheggiarla molto amorosamente, non sapendo da la di lei vista levarsi; e sentendo gioia inusitata in contemplarla, tra sè propose far ogni suo sforzo per acquistar la grazia e l’amor di quella. E così l’amore che a l’altra donna portava, vinto da questo nuovo, diede luogo a queste fiamme che mai più dapoi se non per morte si spensero. Entrato Romeo in questo vago laberinto, non avendo ardire di spiare chi la giovane si fosse, attendeva de la vaga di lei vista a pascer gli occhi, e di quella tutti gli atti minutamente considerando, beveva il dolce amoroso veleno, ogni parte ed ogni gesto di quella meravigliosamente lodando. Egli, come già dissi, era in un canto assiso, nel qual luogo quando si ballava tutti gli passavano per dinanzi. Giulietta, – chè così aveva nome la garzona che cotanto a Romeo piaceva, – era figliuola del padrone de la casa e de la festa. Non conoscendo anco ella Romeo, ma parendole pure il più bello e leggiadro giovine che trovar si potesse, meravigliosamente de la vista s’appagava, e dolcemente e furtivamente talora così sotto occhio mirandolo, sentiva non so che dolcezza al core che tutta di gioioso ed estremo piacere l’ingombrava. Desiderava molto forte la giovane che Romeo si mettesse in ballo, a ciò che meglio veder si potesse e l’udisse parlare, parendole che altra tanta dolcezza devesse dal parlar di quello uscire quanta dagli occhi di lui le pareva, tuttavia che il mirava, senza fine gustare; ma egli tutto solo se ne sedeva nè di ballar aver voglia dimostrava. Tutto il suo studio era in vagheggiar la bella giovanetta, e quella ad altro non metteva il pensiero che a mirar lui; e di tal maniera si guardavano che riscontrandosi talora gli occhi loro ed insieme mescolandosi i focosi raggi de la vista de l’uno e de l’altra, di leggero s’avvidero che amorosamente si miravano, perciò che ogni volta che le viste si scontravano, tutti dui empivano l’aria d’amorosi sospiri, e pareva che per alora altro non desiderassero che di poter, insieme parlando, il lor nuovo fuoco scoprire. Ora stando eglino in questo vagheggiamento, venne