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che anco egli per non esser conosciuto aveva un tabarro e si copriva quasi tutto il volto. Apatelea che innanzi caminava, come fu a l’uscio de la casa già detta e quello trovato aperto, con la vecchia entrò in casa e l’uscio fermò. Crisoforo che sentì la porta esser fermata, tra sè disse: – Or che farò io? Costei è intrata dentro, e senza dubio si deve credere che il suo amante ci sia, o non ci essendo, che in breve le verrà dietro. Se egli c’è, io sono espedito, come si dice, per lettere di cambio; se non c’è e venendo mi truovi qui in questo abito con un sol servidore, che potrà egli pensare? Se io picchio e che mi sia aperto ed il mio rivale sia dentro, che scusazione troverò io d’esser venuto a questa casa? Ma chi sa se egli c’è? chi sa che egli non stia ancor buona pezza a venire? E’ si suol dire che chi non s’arrischia non guadagna e che la fortuna aiuta gli audaci. Io vo’ pur provar mia ventura, ed avvengane ciò che si voglia. – Accostatosi adunque a l’uscio, col piede soavemente una fiata picchiò, avendo di già pensata una apparente scusa se il rivale era in casa. Come egli ebbe la porta tócca, incontinente un servidore l’aprì; onde Crisoforo senza punto indugiare si mise di dentro, tenendo per fermo che l’amico non ci fosse. Come ei fu dentro, senza altra considerazione spinse fuor di casa colui che aperto gli aveva e fece entrar il suo servidore, e subito inchiavò la porta. Salito poi sovra una scala, sentì Apatelea che in una camera con la sua vecchia favoleggiava. Egli entrò dentro e disse: – Dio vi dia il bon giorno, signora mia. – La donna come sentì la voce e vide che il suo amante non era venuto, tutta si stordì e piangendo disse: – Oimè, chi v’ha qui condutto? – Signora e padrona mia unica, – rispose Crisoforo, – l’amore che io vi porto ed ho portato già tanto tempo, è stato la mia guida a questo luogo. Il perchè umilissimamente vi prego che oramai vogliate aver riguardo a la mia fedelissima servitù e darmi il guiderdone che un così sincero e fervente amore merita. – Apatelea alora certe sue favole tessendo, diceva che molto forte di lui e de la sua temeraria presunzione si meravigliava, e che ella non era mica tale, quale forse egli s’imaginava, ma che quivi per certe sue bisogne e non per mal alcuno era venuta. Crisoforo che non voleva perder tempo e lasciarsi la preda scappar di mano, chiamato su il suo servidore, gli comandò che ben fermasse la porta verso la strada e poi che fuor di camera ne portasse la maledetta vecchia, la quale a la padrona s’era piangendo appigliata e non se ne voleva levare. Il buon servidore fece quanto gli era stato imposto, e l’amante a la donna avvicinatosi,