Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Vi fu, non è guari, un giovine d’onorata ed antica famiglia, il cui padre è ricchissimo ed egli è nel vero d’ogni vertù che a giovine nobile si convenga compiutamente ornato, il cui nome per buoni rispetti mi piace tacere, ma non senza accomodato nome Crisoforo lo domanderemo. Egli con altri gentiluomini per la città cavalcando, vide una sera in porta una gentildonna molto bella e riccamente maritata, nel cui volto e presenza gli parve veder raccolta quanta mai beltà e vaghezza per a dietro egli avesse veduta. E in quel punto che la vide, si sentì così de l’amor di lei acceso che deliberò in modo farsele soggetto, che l’amor e grazia di lei n’acquistasse. Informatosi adunque chi ella fosse, cominciò due e tre volte il dì a passar per la contrada, e veggendola molto spesso in porta e a la finestra e talora in carretta a diporto per la città, se le inchinava facendole riverenza, e con gli occhi ingordi di modo la mirava che ella leggermente de l’amor del giovine s’accorse. E come tutte fanno, gli mostrava buon viso, nè punto pareva che schifevol fosse d’esser vagheggiata anzi pareva che caro avesse che egli le fosse servidore. Del che il giovine prese buona speranza e non poteva saziar la vista di vederla. E quanto più la vedeva, tanto più gli pareva bella e leggiadra, e tanto più si sentiva ne l’amorosa pania invescare. Onde passati già molti giorni e desiderando egli venir a fine di questo suo amore trovò un messo di cui gli pareva che la donna si potesse fidare e le scrisse una lettera, ove narrandole la sua servitù e quanto de le vaghe bellezze, degli onesti e saggi modi di lei fosse acceso e quanto desiderava per lei spender la roba e la vita, la pregava affettuosamente che degnasse prestargli comoda audienza a ciò che meglio le facesse conoscere qual e quanto era l’amor che le portava. Prese la donna ed accettò l’amorosa lettera, e quella a la presenza del portatore letta e riletta, al messo impose che per i fatti suoi se n’andasse e che più non le mettesse i piedi in casa per simil pratiche, perchè ne riportarebbe così fatto guiderdone che eternamente gliene dorrebbe. Ultimamente gli disse: – Va e di’ a chi ti manda che più noia non mi dia, e che d’altra donna si procacci, perciò che io non sono tale, quale egli forse ha pensato. Io, la Dio mercè, ho un buon marito, e a quello intendo, come si de’, servar la fede; sì che nè tu più mi porterai lettere nè egli più mi scriverà. – Con questa risposta ritornò il messo al giovine e il tutto puntualmente gli narrò. Ma perchè ciascun animo gentile quanto più vede difficultà in una impresa più gagliardamente vi si mette, il giovine per questo non sentì