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seppe, da ceco ed insano amore, che più tosto furor chiamar deverei, che a la giovane portava vinto ed accecato, deliberò fra se stesso, quando amorevolmente e di commun consenso del suo amore profitto alcuno cavar non poteva, pigliarne quel frutto per viva forza che tanto si brama, e la sua giovane, cui senza non gli pareva di poter vivere, ai poveri parenti ne la strada publica rapire. Fatta questa deliberazione e non pensando agli strabocchevoli pericoli che gli potevano occorrere, chiamò a sè i suoi servidori e quelli di tutto ciò che far intendeva fece consapevoli. Venuto dopoi il giorno che la fanciulla deveva di Napoli uscire, egli, con i suoi servidori armati, a quell’ora uscì de la città che stimò esser al bisogno suo più conveniente, e pervenuto al luogo per la cui strada sapeva che devevano passare, attendeva solamente la venuta loro. I poveri parenti che insieme con la bella figliuola andavano a diporto al poderetto che appresso a Napoli avevano, senza sospetto che il viaggio loro gli fosse impedito, fecero proprio quel camino che il sagace abbate divisato aveva. Egli che già si sentiva bollir il cor nel petto come presago che la sua bella amante s’avvicinasse, di nuovo essortò i suoi servidori ed ordinò loro ciò che a far in quel caso avessero, sovra il tutto commettendoli che a la sua innamorata non facessero male. Nasce nei fertili colli che presso sono a Napoli un limpidissimo fiumicello detto Sebeto, di cui le picciole e liquidissime onde non troppo di lungi da le mura de la città in due parti si divideno, de le quali l’un per occulta e sotterranea via ai comodi ed ornamenti de la città si va diffondendo, l’altra per le fruttifere campagne effondendosi rende al vicino mare il debito tributo. Su questa parte del famoso ruscello è un ponte chiamato da’ paesani il «ponte de la Maddalena». Quivi riscontrò il furioso abbate la sua bella innamorata, che tutta vezzosa e snella insieme col padre e madre, innanzi però a loro come più gagliardetta, se ne veniva. E per l’arsura del caldo che era grandissimo, essendo circa la fine del mese di giugno, ed altresì per la fatica del caminar a piedi, pareva che la giovane fosse più bella del consueto. Ella tutta ardita e snella andava or qua or là gentilmente risguardando, e l’annellate e bionde chiome sotto un galante e vezzoso cappello copriva, a la cui ombra i vaghi e lucidissimi occhi di quella non altrimenti vi scintillavano che le dorate e chiare stelle sogliano ne l’ampio e sereno cielo fiammeggiare. Era poi nel viso e delicate guance da vermiglio e nativo colore la sua pura candidezza tanto ben mischiata, che a chiunque la