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Malvicino sentì l’ansare che faceva il chierico e pensò che fosse Mangiavillano che soffiasse per la gravezza del castrone; onde senza pensar altro, gittò fuor il sacco de le noci in terra e saltando su tutto ad un tratto, disse: – Ben venga, ben venga. Diavolo, tu soffi bene; come è egli grasso? – Il chierico quando udì lo strepito del sacco a terra gettato, e sentì quelle parole, non ebbe al mondo mai il più timoroso spavento, e tratto in terra il povero don Pietro, tremante disse: – O sia magro o sia grasso, to’, piglialo pur, ch’io te lo lasso. – E detto questo si mise la via fra’ piedi e lasciando il misero gottoso se ne fuggì in casa. Il prete anco che minor paura non aveva, smenticatosi il dolore de la gotta cominciò a pagar di calcagna in modo che non sarebbe stato tenuto per infermo. La fantesca medesimamente più morta che viva, gridando quanto poteva fuggì in casa. Malvicino sentendo questo nè sapendo imaginarsi che cosa fosse, sentendo fuggir e gridar coloro, dubitò non esser quivi còlto a l’improviso da qualcuno; ed eccoti Mangiavillano che veniva scoppiando de le risa per la fuga del prete. Come Malvicino conobbe il compagno, gli andò incontro e gli disse: – Che diavolo è quello che ho sentito? – Mangiavillano gli narrò quanto aveva udito e visto, e col castrone, oche e noci se n’andarono a casa. Quando il nostro giovine già detto, che era piacevole e cortese gentiluomo, intese la cosa com’era passata, assai ne rise. Fu mangiato il castrone col resto, e don Pietro restò col male e con le beffe. Nondimeno il nostro gentiluomo indi a pochi giorni e al prete, del castrone, e a Giacominaccio de le noci e de l’oche, fece con segreto modo sodisfare, di modo che l’uno e l’altro si tennero a pieno pagati, non sapendo perciò chi fosse colui che gli facesse pagare.


Il Bandello a la molto magnifica e vertuosa signora la signora Ippolita Torella e Castigliona


Egli non fu mai, signora mia osservandissima, ingegno così rintuzzato nè uomo tanto materiale o sì fieramente da melensaggine stordito, che s’apre il petto ai raggi de l’amoroso fuoco, ch’in breve tempo tutto non si tramuti e non divenga un altro da quello che era; perciò che l’amoroso focile gli apre gli occhi de la