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dire un avaro si dica un prete. E certo chi lo dice ha gran torto, perciò che la mala vita di tre o quattro non deveria macchiar l’onesto vivere degli altri, essendoci molti in questa nostra età preti da bene che santissimamente vivono e liberalmente dispensano i beni loro. Io direi che tra gli altri voi sète uno di quelli, che sino da la vostra fanciullezza sempre sète stato nemicissimo degli avari e che dopo che sète beneficiato vivete splendidamente e largamente a’ poveri e vertuosi donate. Ma io non vo’ su la faccia vostra lodarvi, tanto più essendo la liberalità vostra chiarissima. Ora tornando a questi preti avari i quali vorrebbero per loro soli trangugiare quanto hanno al mondo, e non darebbero un pane per amor di Dio, dico che se talora vien loro fatta qualche beffa e se sono biasimati, che a me pare che lo meritano e che poca compassione si deve lor avere. Onde avendo questi dì il vostro e mio, anzi pur nostro Lucio Scipione Attellano, fatto un solenne e sontuoso banchetto a la signora Bianca da Este e Sanseverina, ove intervennero molti gentiluomini e gentildonne, ragionandosi dopo il desinare di varie cose, il nostro dottor di leggi, che era uno degli invitati, messer Girolamo Archinto, e che conoscete come è piacevole, narrò una bella beffa fatta a un avarissimo parrocchiano; la quale parendomi molto festevole io scrissi, e quella ho voluto mandarvi a ciò che dopo gli studi vostri de le civili e canoniche leggi, ne le quali sète eminentissimo come l’opere vostre stampate fanno ferma fede, possiate quella leggendo, gli spirti vostri ricreare, se quella degna stimerete deversi da voi leggere; il che, la vostra mercè, mi persuado che per l’amor che mi portate voi farete. State sano.

Un prete avaro è gentilmente beffato da alcuni buon compagni che gl’involarono un grasso castrone.


Io vorrei, signore mie umanissime e voi cortesi signori, che il nostro messer Andrea da Melzi non fosse stato astretto dopo il desinare a partirsi, a fine ch’egli quello che io ora intendo di narrarvi avesse narrato, come colui che è sì bel dicitore e tanto, quanto nessun altro gentiluomo di Milano, pieno di bei motti e di questa istoria che io dirò meglio di me consapevole. Ma poi ch’egli non ci è e volete che io parli de le beffe che talora si fanno a questi preti avari, io ubidirò con speme di sodisfarvi.