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al molto reverendo signore monsignor Filippo Saulo vescovo brugnatense salute


L’avarizia è così pestifero e vituperoso morbo che ancor che l’uomo si ritrovi carco di figliuoli e figliole ed abbia pochi beni de la fortuna, secondo che viene lodato spendendo discretamente ed astenendosi da molte cose che forse paiono necessarie, sempre che si conoscerà che egli sia avaro sarà senza dubbio da tutti i buoni biasimato e morso, perciò che l’avarizia mai non sta bene in qual si voglia grado nè età d’uomini o donne. E perchè crediamo noi che gli usurai, i rattori, i ladroni e quei mercanti che con inganno fanno la mercanzia siano chiamati avari, se non perchè per la lor volontà di pigliare e ritener le cose altrui e non proveder ai bisogni necessarii s’oppongono a la giustizia? Opera giudicata di grandissimo peccato, chè questi beni che Iddio ci dona deveno da noi esser con quella misura presi e dispensati che il grado nostro richiede. Altrimenti avendovi inordinato appetito, facciamo un’opera contraria a la liberalità che è vertù moralissima, tanto da tutti gli scrittori così infedeli come cristiani celebrata. Ora se l’avarizia che mai non può esser buona, a tutti sta male, chè certamente sta malissimo rendendo ciascuno in cui regna infame ed al publico odioso, penso io che non possa star peggio in nessuno di quello che ella sta nei preti. E chi dubita, se ogni cristiano che voglia esser degno di questo nome, deve esser pieno di carità la quale rende l’uomo amorevole, cortese, liberale, benigno, paziente e compassionevole ai bisogni del prossimo, che molto più non debbia esser ogni persona religiosa? Quei religiosi che vivono in commune deveno più degli altri esser pieni di carità e compassione, avendo questo obligo da le loro instituzioni. I preti poi che hanno benificii e particolarmente attendono a le cose loro temporali, deveriano tutti ardere di carità ed esser i più liberali e cortesi che si trovassero, perciò che sono quelli che meno hanno a considerare a la roba che nessun’altra sorte d’uomini, sapendo che dopo la morte loro i benefici che tengono e godeno non vanno per eredità, non gli potendo lasciar a lor volontà. E nondimeno, – ahi vituperio del guasto mondo! – pare che oggidì come si vuol