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Firenze Tomaso Lippi, il quale ebbe un figliuolo chiamato Filippo, che d’anni otto, essendo morto il padre nè avendo come sostentar la vita, fu da la povera madre dato a’ frati del Carmeno. Cominciò il fraticello in luogo d’imparar lettere, tutto il dì ad imbrattar carte e mura facendo qualche schizzo di pittura; il che veduto dal priore e conosciuta l’inclinazione del fanciullo, gli diede comodità di darsi a la pittura. Era nel Càrmino una cappella di nuovo dipinta da un ecellente pittore. Piaceva ella molto a fra Filippo Lippi, che così il fraticello era appellato, onde tutto il dì era dentro con altri garzoni a disegnare, e gli altri di così gran lunga avanzava di prestezza e di sapere, che appo ciascuno che il conosceva era ferma ed universal openione ch’egli ne l’età matura devesse riuscire pittor eccellentissimo. Ma fra Filippo nel fiorir degli anni non che ne l’età matura tanto s’avanzò e così divenne nel dipinger perfetto, che tante lodevoli opere fece che fu un miracolo, come in Firenze nel Carmeno e in altri luoghi oggidì si può vedere. Il perchè sentendosi da molti lodare e rincrescendogli la vita fratesca, lasciò l’abito da frate ancor che già fosse ordinato diacono. Fece molte belle tavole dipinte al magnifico Cosimo de’ Medici, al quale fu di continovo carissimo. Era il pittore sovra modo libidinoso ed amator di femine, e come vedeva una donna che gli fosse piacciuta, non lasciava cosa a far per averla e le donava tutto ciò che aveva, e mentre in lui questo umor regnava, egli nulla o poco dipingeva. Faceva fra Filippo una tavola a Cosimo dei Medici che egli voleva donar a papa Eugenio veneziano; e veggendo il Magnifico che egli assaissime volte lasciava il dipingere e dietro a le femine si perdeva, volle tirarlo in casa, ve lo tirò, a ciò che fuor non andasse a perder tempo, ed in una gran camera le rinchiuse. Ma statovi a gran pena tre giorni, la seguente notte con un paio di forbici fece alcune liste de le lenzuola del letto, e da una finestra calatosi, attese per alquanti giorni a’ suoi piaceri. Il magnifico Cosimo che ogni dì era solito visitarlo, non lo trovando, molto fu di mala voglia, e mandatolo a cercare lo lasciò poi dipingere a sua volontà, e fu da lui con prestezza servito, dicendo egli che i pari suoi, d’ingegni rari e sublimi, sono forme celestiali e non asini da vettura. Ma vegniamo al fatto per cui mosso mi sono a ragionarvi di lui, per mostrarvi che la vertù ancora appresso ai barbari è onorata. Era fra Filippo ne la Marca d’Ancona, e andando un dì in una barchetta con alcuni amici suoi a diportarsi per mare, ecco che sovragiunsero alcune fuste d’Abdul Maumen, gran corsaro alora de le