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Cesar Elcabir, cioè «il gran palazzo». Ridotta dunque la città in buonissimo essere, di quella ne fece cortese dono al povero pescatore e a’ suoi figliuoli e successori, i quali per lunga successione l’hanno posseduta, accrescendo sempre la bellezza e bontà del luogo. Quando io ci era, la vidi tutta piena d’artegiani e di mercadanti. Aveva molte belle moschee ed un collegio di scolari ed uno spedale. Vi sono molte cisterne, non si possendo cavar buoni pozzi. Gli abitatori di quella sono uomini buoni e liberali e più tosto semplici che altrimenti, e vestono bene ed usano assai tele bambagine. Fuor de la città sono molti giardini con bonissimi frutti, ed ogni lunedì si fa ne la campagna un grossissimo mercato da le terre circonvicine. È lontana da Azella, che noi chiamiamo Arzilla, che ora è in mano dei portogallesi, non più che diciotto miglia. Così adunque si conosce che a tutti si deve usar cortesia ancor che non si conoscano, perchè si fa ufficio d’uomo da bene e a la fine le cortesie sono rimeritate, come nel nostro povero pescatore s’è veduto.
Esser sempre stata la vertù in ogni secolo ed appo tutte le genti d’ogni parte del mondo in grandissima stima, e i vertuosi uomini così ne la dottrina de le lingue come de la filosofia e in ogni altra arte eccellenti esser stati da’ grandissimi prencipi e da le bene institute republiche sempre onorati, tenuti cari, essaltati e largamente premiati, tanto per le memorie che se n’hanno e per quello che tutto il dì si vede è chiaro che di prova alcuna non ha bisogno. Erano in Milano al tempo di Lodovico Sforza Vesconte duca di Milano alcuni gentiluomini nel monastero de le Grazie dei frati di san Domenico, e nel refettorio cheti se ne stavano a contemplar il miracoloso e famosissimo cenacolo di Cristo con i suoi discepoli che alora l’eccellente pittore Leonardo Vinci fiorentino dipingeva; il quale aveva molto caro che ciascuno veggendo le sue pitture, liberamente dicesse sovra quelle il suo parere. Soleva anco spesso, ed io più volte l’ho veduto e considerato, andar la matina a buon’