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cose che a la giornata accadeno, ed usano i caratteri arabici dei quali io assai ho notizia, perchè nel principio che fui in Affrica mi diedi agli studii di quella lingua. Narrano adunque le croniche loro che il re Mansor si dilettava molto de la caccia; onde essendo un giorno fuor per quelle contrade, levossi un oscuro e turbulentissimo temporale con una guazzosa pioggia e soffiamenti d’impetuosi e fierissimi venti, di tal maniera che cercando i cortegiani di salvarsi al coperto, il re Mansor si smarrì e perse la compagnia, ed errando in qua e in là nè sapendo ove s’andasse, fu sovragiunto da una oscura e tempestosa notte, convenendogli in tutto alloggiare a la campagna. Del che molto si trovò di mala voglia, tanto più che non ardiva muover il cavallo, perchè dubitava per l’oscurità de la notte non s’affogare in alcuna di quelle paludi che colà d’intorno stagnavano. Il perchè afermatosi ed aguzzando gli occhi e stendendo gli orecchi per spiare se vedeva o sentiva persona, vide assai vicino un lume che da una finestrella dava splendore; onde pensando, come era, che vi fosse alcuna abitazione, diede una gran voce chiamando chi colà dentro fosse. Abitava in quella povera casa un pescatore, il cui costume era, già lungo tempo, in quei paduli pescar anguille de le quali erano quell’acque abondevoli. Egli udita la voce del chiamante re, ancor che nol conoscesse ma stimasse esser alcun viandante che per quei luoghi smarrito si fosse, incontinente uscì di casa e disse: – Chi chiama? – Il re accostatosi lo domandò dicendo: – Buon uomo, mi saperesti tu insegnar la via che mi conducesse ove il nostro re dimora? – L’alloggiamento del re, – rispose il pescatore, – è lontano di qui diece buone miglia. – Adunque ti piaccia, – soggiunse il re, – farmi la guida fin là, chè io ti pagherò molto cortesemente de la tua fatica e te ne resterò con obligo. – Se vi fosse il re Mansor in persona, – disse il buon pescatore, – e mi richiedesse di questo, io non presumerei condurlo a quest’ora a salvamento a la sua stanza, temendo tuttavia che egli in queste paludi non pericolasse. – Udendo ciò il re disse: – E che! appartiene a te prenderti cura de la vita del nostro re? che hai tu a far seco? – Oh, – rispose il buon uomo, – il re da me amato è vie più che io non amo me stesso. – Seguitò alora il re: – Adunque t’ha egli fatto alcun grandissimo beneficio poi che tanto l’ami? Ma io ti veggio così poveramente in arnese e sì ma alloggiato che non so ciò che me ne dica. – Alora gli replicò il pescatore: – Ditemi, gentiluomo, di grazia: qual più ricco bene e maggior beneficio posso io ricever dal mio re in questo mio povero stato, che il bene ed utile de la