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molto illustre e vertuosa eroina la signora Isabella Gonzaga di Povino
Io rivolgeva questi dì molte de le mie scritture che in un forziero senz’ordine erano mescolate sì come a caso quivi dentro erano state gettate. E venendomi a le mani alcune mie novelle che ancora non erano state trascritte nè collocate sotto la tutela d’alcun padrone o padrona miei, restai forte smarrito che ancora a voi nessuna donata ne avessi, avendone di già dedicate a questi ed a quelle più d’un centinaio; onde me stesso accusai di trascuraggine ed inavertenza grandissima, che tanto tardato avessi a mandarvene una in segno de la mia riverenza ed osservanza verso voi. Chè certamente io mi confesso degno di castigo non picciolo, essendo troppo al mondo manifesto il debito ed obligo che io ho a la felice ed onorata memoria del valoroso signor Pirro Gonzaga e de la gentilissima signora Camilla Bentivoglia, vostri onoratissimi padre e madre, che tanto m’amavano e tutto il dì con nuovi beneficii m’obligavano, e mentre vissero furono da me secondo le debolissime forze mie sempre tenuti in quella riverenza che io seppi la maggiore, come ne le stanze mie si vederà che io in lode ho composte de la vostra nobilissima sorella dal mondo riverita e da me santissimamente amata, la signora Lucrezia, le quali in breve saranno publicate, ove anco vederete il nome vostro essere celebrato. Ora per emendar il fallo da me commesso, ve ne mando una d’esse mie novelle, la quale già lungo tempo è che dentro le case del signor Lucio Scipione Attellano fu narrata da messer Niccoloso Baciadonne, che molti anni nel regno d’Orano aveva mercadantato e ricercate assai regioni e luoghi di Affrica. Egli per esser uomo che di molte cose rendeva benissimo conto e molto agli auditori da cui volentieri era ascoltato sodisfaceva, essendo in Milano ed avendo col gentilissimo Attellano cenato, a la presenza d’alcuni altri gentiluomini che di brigata erano, la narrò. Per questa novella, signora mia, voi conoscerete che anco sovente tra le nazioni barbare s’usano de le lodevoli cortesie. Degnate adunque con la solita vostra umanità e gentilezza accettarla e farmi questo favore che io del vostro nome