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fuor de la giurisdizione dei tiranni ove poi potesse mandar i figliuoli. Montarono a cavallo i dui compagni ed uscirono per la porta del soccorso, e s’accordarono come furono fuori che era meglio romper la fede a l’infedel castellano che essere rubelli del signor Corrado, onde quanto i ronzini gli poterono portare cavalcarono verso Trevio ove sapevano esser Corrado. I cittadini subito che furono da la ròcca partiti, sonarono a consiglio e congregati elessero un cittadino che se n’andasse a trovar Corrado ed avisarlo degli imprigionati suoi fratelli, non sapendo ancor la morte loro. Giunsero primieramente i dui partiti de la ròcca, e trovato Corrado, a quello la crudelissima morte dei dui fratelli e la prigionia del duca di Camerino e di molti altri dissero. Egli udita sì fiera novella senza punto tardare fece metter ad ordine alcuni cavalli, e volendo montar a cavallo, venne il messo de la città di Nocera, al quale Corrado commise che ritornasse subito indietro e facesse intender a la città come il castellano già aveva crudelmente ucciso i dui fratelli; pertanto imponesse ai cittadini che mettessero buona guardia a torno a la ròcca a ciò che il traditore non scappasse, mentre ch’egli andasse a cercar aiuto da Braccio. Montato adunque Corrado a cavallo, se n’andò di lungo a Tuderto ove alora Braccio che n’era signore si ritrovava, e a quello narrò la morte dei dui fratelli e come Berardo suo cognato era in prigione. Signoreggiava in quei tempi Braccio Perugia e molte altre città de la Chiesa ed era gran contestabile del regno di Napoli e prencipe di Capua; onde subito ragunati quei soldati che vicini gli erano e agli altri fatto intendere che il seguissero, se ne cavalcò a Nocera in compagnia di Corrado. Giunto a la città, mandò Braccio un trombetta al castellano, per intender da lui a suggestione di cui tanta sceleratezza egli aveva commesso. Rispose il castellano che da nessuno instigato i tiranni aveva ucciso, ma per vendicar la patria sua in libertà e per punir l’ingiuria che ne la propria moglie Niccolò gli faceva. Domandato che restituisse Berardo e gli altri che in prigione aveva, nulla ne volle udire. Il perchè dopo il terzo giorno essendo già assai numero di soldati convenuto, Braccio fece dar l’assalto a la ròcca; e diffendendosi quanto potevano quei di dentro, durò l’assalto più di sei ore. A la fine prevalendo, i bracceschi entrarono dentro. Il castellano fuggì nel maschio de la fortezza ove aveva già impregionata la moglie, e seco vi si ridussero dui suoi figliuoli ed il fratello. Furono presi ne la ròcca il padre del castellano con trentanove provigionati che tutti a la morte dei dui fratelli erano stati.