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pensò che dilettandosi eglino de la caccia, il mostrar di farne una era il più sicuro mezzo che trovar si potesse. Fece adunque far l’apparecchio grande, e sparse la voce che in uno di quei boschi nocerini aveva tra molti veduto il più smisurato e gran porco cinghiaro che mai in quelle selve si fosse visto. Scrisse poi a Foligno ai tre fratelli che il seguente giorno piacesse loro di venire, perchè la matina dopoi a buon’ora anderebbero a caccia ed averebbero il più bel piacere che di caccia avessero già mai. Si ritrovò a caso quel giorno Berardo da Varano duca di Camerino esser a Foligno, il quale sentendo di questa caccia parlare, andò anco egli con i dui maggior fratelli a Nocera: in lor compagnia v’andarono molti gentiluomini ed altri. Piacque a nostro signor Iddio che Corrado, terzo fratello, s’era il giorno avanti da Foligno partito e cavalcato a Trevio, ov’era da alquanti giovini a un paio di nozze con una bellissima festa stato condutto. Andarono dunque a Nocera Niccolò, Cesare ed il signor di Camerino con lor brigate e giunsero sul tardi. Cenarono tutti in Nocera, e dopo cena Niccolò e il Varano andarono a dormire in ròcca e Cesare restò ne la città, ove quasi tutti gli altri alloggiarono. La notte su l’ora del primo sonno, avendo il ribaldo castellano mutinati tutti i fanti de la guardia de la ròcca, andò con parte di loro a la camera ove Niccolò dormiva, e quello senza romore con i camerieri preso, a lui per esser l’adultero, prima tagliò via tutti dui i sonagli col membro virile insieme e poi cavògli crudelmente il core. Nè contento di questa acerbissima vendetta, fece del corpo mille pezzi con le proprie mani. I nostri vicini bergamaschi quando sentono alcuno che maledicendo il compagno gli dice: «Ti venga il cacasangue, la febre, il cancaro» e simili imprecazioni, sogliono dire: «Io non so dir tante cose, ma io vorrei che tu fussi morto». Deveva bastar a l’irato fuor di misura castellano uccider il suo padrone e non incrudelir poi nel morto; ma l’ira come è sfrenata, non sa servar modo. Il perchè entrato dopoi ne la camera ove il duca di Camerino dormiva, quello con le sanguinolente mani prese e col resto di quelli che in ròcca alloggiavano cacciò in una oscura prigione. Cominciandosi poi a scoprir l’aurora e già quelli che ne la città albergavano mettendosi in punto per la caccia, mandò il crudel castellano uno dei suoi scelerati ministri a chiamar Cesare in ròcca a nome del fratello. Egli che nulla sapeva e meno nulla di male sospettava, come fu entrato in ròcca si vide miseramente far prigione, e tutti quelli che seco erano incarcerare. Il castellano per non esser inferiore a qualunque più crudel