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Nocera ed alloggiando sempre in ròcca, egli pose gli occhi a dosso a la moglie del castellano ch’era una giovane molto bella e piena di grazia, e di lei sì fieramente s’innamorò che gli pareva non dever vivere se amorosamente quella non godeva. E non avendo riguardo che il castellano a nome di lor tre fratelli guardava la ròcca e che più tosto deveva carezzarlo che offenderlo, diede opera che la donna di questo amore s’accorgesse. Il che in breve ebbe effetto, perciò che ella avvedutasi che il signore la vagheggiava, si tenne da molto più e molto caro l’ebbe, onde se gli scopriva tutta piacevole e ridente con la coda de l’occhiolino gli mostrava che era disposta a far quanto a quello era a grado. Del che Niccolò ne viveva contentissimo. Ed essendo i dui amanti d’un medesimo volere, non passarono molti giorni che avuta la commodità si trovarono in parte ove presero insieme con gran contentezza amoroso piacere. Piacque mirabilmente a Niccolò la donna, e se di lei era prima innamorato, ora tutto ardeva, e per averne assai più spesso copia, veniva tutto il dì a cacciare nei boschi di Nocera che di porci cinghiari ed altri salvaggiumi sono molto abondevoli. Veniva egli a la caccia volentieri, non solamente per goder la bella ed amorevol castellana che era tutto il suo intento, ma anco a ciò che, sotto il titolo de la caccia, il castellano del suo così frequente venire non ingelosisse e pigliasse de l’amorosa pratica sospetto. Perseverò felicemente lungo tempo in questa sua impresa senza impedimento veruno o che persona se n’avvedesse. Ma usando poco discretamente per la lunga consuetudine questa pratica, Fortuna invidiosa del bene e contentezza degli amanti fece che il castellano se n’avvide, ed aprendo meglio gli occhi che prima fatto non aveva, ritrovò egli un giorno il suo signore in adulterio con la moglie, così celata e cautamente che eglino punto non se n’accorsero. Di cotanto oltraggio il castellano entrò in un fierissimo sdegno, e la fede che al suo signore aveva giurata convertì in perfidia e l’amore che gli portava cangiò in mortal nemicizia ed odio acerbo e crudelissimo, seco deliberando, andasse il caso come si volesse, d’ammazzarlo. E ben che l’ingiuriato castellano per lo scorno ricevuto fuor di misura entrasse in còlera ed avesse di leggero potuto gli amanti a salva mano uccidere, nondimeno egli per far più la vendetta compita e vie maggior che si potesse, assai meglio la sua ira ed il concetto sdegno dissimulò e tenne celato, che i dui sfortunati amanti non avevano saputo i loro amori nascondere. Ed avendo lungamente tra sè varii modi imaginato a ciò che tutti tre i fratelli cogliesse a un laccio, si