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partirsi. E conte scioperato andava vagabondo per la città e sovente a le mura, ove di continovo si riparava per l’assidue batterie che da quei di fuori si facevano; onde avvenne ch’essendo stato ferito da uno scoppietto in una coscia un fante che su per il terrato andava, essendo per scontro ove le mura erano cadute, fu domandato mastro Calimero cirugico a medicarlo. Quivi si ritrovò il Boientis; e mentre il medico ricercava la piaga del ferito, diede un mezzo cannone in un merlo, le cui pietre mosse da quel ferventissimo impeto diedero nel capo al mal aventurato cirugico di modo che subito morì, ed insiememente anco il povero fante passò a l’altra vita. Era quivi, come s’è detto, il Boientis il quale non so in che modo ebbe la tasca di maestro Calimero e tutti i ferri da medicare. Ed essendosi ridutto a casa e ne la tasca ritrovato un libro scritto a mano, tutto pieno di ricette da medicar ferite d’ogni sorte così di taglio come di percossa e i mali nascenti, s’avisò che gli potrebbe di leggero venir fatto che egli medico di cirugia divenisse e con quest’arte divenir ricco. Il perchè lesse e rilesse diligentemente il libro, e con l’aita d’un barbieruolo mezzo medico che era molto amico suo, compose di molti olii ed unguenti e distillò acque di varie sorti, ed a cintola s’attaccò una gran scarsella con suoi ferri ed unguenti dentro, cominciando a medicar quei poveri soldati che a le batterie e scaramucce talora venivano percossi, feriti e magagnati. E giovavali molto che fanciullo aveva veduto sua madre medicar di molti mali, essercitando l’ufficio di medicare, dì modo che da tutti si diceva «la medica del Carmeno», perchè abitava presso a’ carmeliti. Ora in poco di tempo con la sovvenenza del modo che la madre usava e con l’aita de l’amico barbiero acquistò nome di medico. Cominciò poi a mettersi innanzi e prender di varie cure disperate che gli altri medici in cirugia avevano abbandonate. Ed andò sì fattamente la bisogna che essendo da buona fortuna aiutato, prese qualche credito appo i soldati i quali credevano che egli l’arte di cirugia a Padova od a Pavia avesse apparata; indi nacque che egli altresì si persuase d’esser cirugico. Onde veggendo che l’arte bene gli succedeva, a ciò che di più credito e maggior riputazione appo la plebe divenisse, si fece una veste da medico lunga sino a’ piedi e attese tuttavia a medicare, facendosi pratico a costo di poveri uomini. Finita poi la guerra e ridutta la città nostra sotto il dominio di San Marco, egli comprò una gran mula che oggidì cavalca, guarnita di velluto con le borchie brunite d’oro, e si vestì di scarlatto con una cuffia in capo che pare il protomedico de la cirugia. Diventato