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conviene entrar in Brescia, fertile ed onorata città, e dirvi un piacevol caso in quella avvenuto, il quale ancora che svogliati ne siate, penso che vi farà ridere sì per la persona di cui parla che molti di voi conoscete, ed altresì chè la novella di cui v’intendo ragionare mi pare solazzevole e degna de le vostre festevoli risa. Ed essendovi di quelli, come s’è detto, che volentieri si trastullano schernir altrui di quello che essi meritevolmente deveno esser corretti, se a le volte avviene che questi tali restino beffati, par senza dubio alcuno che bene gliene avvenga, e come proverbialmente si dice, qual asino dà in parete tal riceva. Dico adunque che al presente si ritruova in Brescia uno Stefano venuto di Val Troppia chiamato da tutti il Boientis perciò che nè per altro nome nè per cognome sarebbe conosciuto. Questo essendo ancora giovinetto ed avendo pur a la scola apparato legger e scrivere ed attaccatosi il calamaio a la cintola, si pose per scrivano a la banca d’un notaio di cui qualche scrittura copiava, ed attendeva a farsi pratico di saper formar queste scritture comuni, e a le volte or una or un’altra ne faceva traendone qualche profitto, di maniera che in poco di tempo egli si credette esser gran maestro in quell’arte. Onde non volendo più altrui servire, tanto fece e disse con l’aita d’alcuni cittadini che divenne notaio, ancora che molte fiate egli scrivesse di quelle scritture che poi egli stesso non sapeva nè intender nè leggere. Tuttavia cominciò a mettersi innanzi, chè è più presuntuoso che le mosche, e molto si rendeva piacevole a chi del suo mestieri lo richiedeva, ancor che di rado fosse richiesto, se non era da qualche povero contadino che non fosse ne la città ben pratico o che non lo conoscesse. Fece il Boientis dui o tre anni quest’ufficio, le cui sciocchezze che in quei dì avvennero, per ora non intendo narrarvi, chè tante e tali sono che di leggero non se ne verrebbe a capo. Ora avvenne che essendo in quei giorni la città nostra in mano di Massimigliano Cesare, egli la diede in guardia agli spagnuoli che in quei tempi in Italia in favore de l’imperadore contra i francesi ed i nostri signori veneziani guerreggiavano. E cominciando i veneziani a ricuperar quello che in Terraferma avevano così miseramente perduto, posero l’assedio intorno a Brescia, di modo che ne la città, al grido de l’arme e al terribil rimbombo de l’infernali bombarde, cessero le sante leggi, e a le sentenzie dei giudici si pose silenzio, perciò che essendo la città di soldati tedeschi e spagnuoli piena, in palazzo niente si faceva. Il Boientis in quel tempo, poi che la penna niente gli profittava, si trovò pur assai di mala voglia e non sapeva che farsi, non potendo de la città