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pentito d’aver preso una moglie così giovane, conoscendosi vecchio e mal in ordine a poterle sodisfare, di lei in modo ingelosì che non sapeva ove dar del capo. Egli era negli affari de la città molto da’ suoi cittadini adoperato, e sovente eletto dal comune consiglio per ambasciatore al duca Filippo, il quale esso dottor vedeva volentieri per averlo domesticamente praticato alora che vivendo il duca Gian Maria suo fratello, egli, sotto titolo di conte, Pavia possedeva. Quando poi il dottore dimorava a Pavia, tutto il tempo consumava per i suoi clientuli, ora dando lor udienza, ora comparendo innanzi al podestà ed ora al tribunale del ducal commessario e governatore. L’amore ch’egli portava a la moglie, o per dir meglio la fiera gelosia ch’acerbamente il core gli rodeva, lo sforzava che egli di continovo come un nuovo Argo vegghiasse, e stando il dì e la notte appresso lei, l’azioni di quella diligentemente considerasse. Da l’altra parte la superbia e la temeraria ambizione che meravigliosamente sopra di lui potevano, l’astringevano ad attender a le cose de la sua patria e non mancar a questi e quelli che tutto il dì per consiglio, favore ed aita a quello ricorrevano. Onde più poter ebbe in lui la superbia e l’ambizione che tutto il resto. Nondimeno non cessando mai il pungente ed acutissimo stimolo de la gelosia di pungerlo e miseramente cruciarlo e con mordacissimi pensieri affligerlo, per assicurarsi de la moglie quando andava fuor de la città o de la casa, fece di modo conciar tutte le finestre che sovra la via guardavano che da quelle non si poteva veder persona alcuna. E perchè tutto il giorno la casa stava piena di gente, fece far ne la camera terrena del suo studio un uscio tra la pusterla e la porta, a fine che nessuno avesse occasione d’entrar dentro il cortil de la casa. Ordinò poi a la moglie che a modo veruno non smontasse le scale, non volendo che ella praticasse ne le stanze terrene; del che la mal maritata Cornelia se ne viveva in tanto e sì fatto fastidio che n’era per impazzire. A le messe andava solamente le feste, e bisognava che andasse la matina a buon’ora a la prima messa che nel far del giorno a la parrocchia si diceva, e da un servidore per commissione di messer lo dottore v’andava accompagnata. De le predicazioni, vespri ed altri divini officii non accadeva parlarne, e meno d’andar a feste e nozze se ben era invitata. Ma quello che più d’ogn’altra cosa la sventurata e disperata giovane tormentava, era il vedersi un marito vecchio a lato, che tante vigilie e digiuni far le faceva che a pena una volta il mese la copriva, e massimamente dopo il primo figliuolo