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e fratelli commessa se ne stava, gridando tuttavia ad alta voce: – O dèi buoni, non vedete voi come il mio fratello è divenuto un pessimo demonio? Egli ha morto il padre e la madre e tutti i fratelli e senza pietà alcuna arsi, e voi sopportate che regni? – Così stava gridando il misero giovinetto, ma nessuno a vendicar tanto enorme peccato si moveva, ed egli del tempio uscir non ardiva, perchè subito il crudel fratello l’averebbe fatto ammazzare. Quivi adunque dai sacerdoti nodrito se ne stava, piangendo la sua infelice fortuna. Ora, passati circa quindeci giorni dopo il commesso parricidio ed ogni tumulto essendo cessato, il crudel soldano, parendogli esser mezzo confermato nel dominio, deliberò levarsi dinanzi gli occhi coloro dei quali poteva ragionevolmente temere. Onde mandò a domandar il più vecchio dei dui schiavi che tanto dal padre erano amati, che Maometto si chiamava. Arrivato Maometto a la presenza del signore, gli disse: – Che mi comandi, signor mio? – Alora disse il crudel tiranno: – Non vedi ch’io son soldano di questo regno? – Il veggio, – rispose Maometto, – ma che mi comandi che a tuo servizio da me far si possa? Eccomi prontissimo per ubidirti. – Il soldano alora, in segno di grandissima domestichezza presolo per la mano, cominciò a fargli molti vezzi e dopo gli disse: – Vedi, Maometto, se tu farai ciò che io ti comanderò, tu sarai appo me in quello stesso credito che tu eri appresso mio padre. Va ed ammazza il tuo compagno, ed io subito ti farò signore di sette castella di questo mio regno. – A questo fiero comandamento Maometto in questo modo rispose: – Signor mio, io sono stato trenta anni continovi suo amorevol compagno, e sempre siamo vivuti insieme come fratelli. A me non darebbe mai il core di commetter sì fatta sceleraggine, e porto ferma openione che volendolo ferire che il ferro di mano mi caderebbe. – Sentendo questa non sperata risposta disse il soldano: – Ora sia con Dio. Lascia stare, chè in altre cose poi ti adoprerò. – Passati tre giorni dopo questo, il soldano celatamente fece a sè chiamare Caim, che era l’altro schiavo compagno di Maometto, e gli disse: – Caim, io mi sento molto offeso da quel ribaldo di Maometto e ho deliberato che non viva. E perchè in questo non ci è nessuno che meglio di te servir mi possa, non si guardando egli dai fatti tuoi, io vo’ che tu come prima potrai l’ammazzi; e come l’averai ucciso, vieni a trovarmi, ed io ti prometto donarti sette castella e farti il mio più favorito ch’io abbia. – Caim non pensando più avanti, con lieto viso disse: – Sia fatto, signor mio, ciò che tu comandi. Lascia la cura a me ed io senza fallo ti leverò di fastidio. –