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in parte a tanto beneficio dal Salimbene ricevuto. E quando io vado investigando e pensando se si può venir in cognizione a che fine e per qual cagione egli a far sì cortese e liberal atto mosso si sia, dopo molti e molti pensieri che diverse volte sovra ci ho fatto, mi son afermato in questo, che tu sia quella il cui amore, per i segni che per il passato in lui ho veduti ed al presente considerati, l’abbia indutto ad usar così magnanima liberalità. Il perchè tu non dèi volerti far ingrata nè anco me similmente render villano, potendo di leggero per te e per me sodisfare. Mi pare adunque, quando io il tutto diligentemente ho discorso e che beni de la fortuna in noi non sono col cui mezzo possiamo il debito pagare, che tu ti deliberi la persona tua liberamente in potere e total arbitrio d’Anselmo Salimbene mettere, perciò che avendo egli per amor tuo liberato la vita mia da la morte, tu a lui obligata resti, ed io a lui e a te mi confesso de la stessa vita debitore. Ma sodisfacendo tu in questo modo, e te e me da l’obligo quanto per te si può liberi ed assolvi, chè avendo egli tanto con effetto dimostro averti cara, abondevolmente sodisfatto si troverà. Io dopoi porto fermissima openione che non essendo tu ancora sua, se tale e tanta dimostrazione ha fatto per te e tanto ti ha apprezzata, che vie più ti averà cara e maggiormente ti stimerà quando tu sarai in suo potere, essendo, come egli è, d’animo gentile e generoso. E non credere, sorella mia amabilissima, che amore sì a dentro nel core del Salimbene penetrato ed abbarbicato si fosse, se tal trovato non l’avesse quale io ti dico, cioè umano, gentile, nobile e cortesissimo, il quale sempre più stimerà ogni tuo contento che qual altra cosa egli abbia. Ma sia come si voglia, altro modo non veggio di sodisfar a l’obligo nostro che questo il quale già t’ho manifestato. E quando ti cadesse ne l’animo di non voler essequire quello che io caldamente ed affettuosamente ti prego volontariamente a fare, perciò che per me sforzar non ti voglio, io t’assicuro che deliberato ho partirmi non solamente da la patria, ma andarmene fuor d’Italia e in sì lontani e stranieri paesi, che mai più chi conosciuto mi ha di me udir novella non possa, perchè esser non voglio chiamato uomo senza gratitudine, a me tuttavia parendo, se io ci restassi, che sino a’ fanciulli mi mostrarebbero a dito. – Si tacque Carlo così detto, aspettando che Angelica la quale fieramente lagrimava gli rispondesse. Ella che attentamente il fratello ascoltato aveva e tutta in dirottissime lagrime era risolta, in cotal guisa piangendo gli rispose: – Caro fratello da me sommamente