Pagina:Bandello - Novelle. 2, 1853.djvu/121

questa città per adietro sia stata usata già mai a persona, egli ci è ancora, ove tu voglia, restato il modo d’operar di maniera che mai non saremo tenuti nè detti ingrati. Tu sai che a questi dì passati devendomi esser come a ribello de lo stato tagliata la testa, ancora che io nel vero fossi innocente, dopo che io fossi morto, ben che a te fosse rimasa la povera possessione che abbiamo, che nondimeno tu restavi in pericolo evidentissimo di perder quella poca roba ed insieme l’onore e la fama, veggendo il poco conto che tutti i nostri parenti in così importante caso di te e di me hanno tenuto; chè sai chiaramente nessuno di loro averci voluto aiutar di danari nè, che è peggio, di parole. Onde fermamente conchiudo esserci avvenuto tutto il contrario di quello che noi speravamo e temevamo. Speravamo che gli amici e parenti ci aiutassero, se non di danari almeno di parole, prestandoci quel favore che loro fosse stato possibile; ma nessuno s’è mosso. Eravamo in grandissimo spavento che gli avversarii e nemici nostri ci cacciassero contra, e con ogni sollecitudine e cura procurassero la rovina e morte mia. Ma, Dio buono, dove il danno si temeva, dove la rovina s’aspettava, è nata la salute, processo il favore e venuto il soccorso ed aita. Anselmo Salimbene, sorella mia cara, che noi credevamo esserci contrario e nemico, s’è, la sua mercè, scoperto propizio ed amicissimo. Egli senza esser richiesto, senza domandar sicurezza e senza mai aver da noi ricevuto nè piacer nè beneficio alcuno, è stato quello che per cortesia sua ha pagato a la Signoria mille fiorini, anzi mille ducati d’oro, ed ha ottenuta la mia liberazione. Che un amico per un suo amico, un parente per l’altro, o chi si sia, con sicurezza o pegno in mano paghi per altrui danari, ancora che in vero sia servigio di piacere e d’utile, non è perciò cosa che tutto il dì tra gli uomini non si costumi. Ma che un nemico volontariamente paghi buona somma di moneta per te, nè motto te ne faccia, o ricerchi esser de la restituzione cauto, questa è ben cosa insolita, mirabile, lodevole, e cortesissima liberalità, che di rado, anzi forse che non mai fu usata, e che a pieno come merita non si può con chiarissime lodi levar al cielo. Ora, dolce ed amata mia sorella, avendo io la perduta libertà e la vita insieme, e tu il tuo caro fratello che già come morto piangevi, ed appresso il tuo onore, che sul tavoliero stava a beneficio di fortuna, fermato e messo in salvo, è necessaria cosa, se dai nostri nobilissimi avi tralignar non vogliamo, ed esser per disleali, disconoscenti ed ingrati móstri dal volgo a dito, che noi troviamo mezzo, quanto le forze nostre portano, di sodisfare