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recata la cedula de la tua relassazione e libertà. Perciò tu sei libero e puoi andartene a tuo piacere a casa. Ecco che io ti apro la prigione. – Sentendo Carlo questa così buona e non sperata nuova, fu ad un tratto pieno di meraviglia grandissima e d’infinito piacere, ed al capitano domandò chi fosse che pagata avesse la sua pena. Egli rispose nol sapere e meno conoscer chi recata gli aveva la cedula del camerlingo. Era già passata l’ora de l’avemaria e l’aria per la sovravenente notte molto s’imbruniva. Onde Carlo, ringraziato il capitano de la buona compagnia e trattamento che fatto gli aveva, e dettogli a Dio, se n’andò verso casa. Quivi trovata la porta fermata per esser di già notte, cominciò a picchiar a l’uscio. Angelica che ancor ne le lagrime si consumava, mandò una fanticella a veder chi a la porta picchiasse. E sentendo che era Carlo suo fratello, si levò e andogli incontra tuttavia lagrimando, e piena di piacere per la liberazione di quello, abbracciandolo non con altra allegrezza ed amore che se da morte a vita fosse revocato. Erano ancora con Angelica alcune donne sue parenti che venute erano per tenerle compagnia e consolarla in tanto suo cordoglio, le quali veduto Carlo ed abbracciatolo e seco condolute e rallegrate, subito ne diedero nuova ai lor uomini. Onde in poco d’ora fu la casa di Carlo piena dei suoi parenti, che avuta questa nuova il vennero a visitare. Si condolsero tutti seco de la prigionia e si rallegrarono che fuori ne fosse uscito. Poi si scusarono di non l’aver aiutato nel pagar de la condannagione e gli dissero i rispetti che ritenuti gli avevano. Avendo già Carlo da la sorella inteso che ella niente sapeva de la liberazione di lui nè chi si fosse che la pena aveva pagato, e ora intendendo nessuno di quelli che venuti erano a visitarlo esser stato il pagatore, restò tutto pieno di grandissima meraviglia, aspettando con il maggior desiderio del mondo il nuovo giorno per saper chi pagata la pena avesse, e a cui di tanto beneficio restava ubligato. Venuto il seguente giorno, come fu aperta la camera de l’ufficio del camerligato, egli colà si trasferì, e trovato il camerlingo che alora in camera entrava, dopo l’averlo amichevolmente salutato lo domandò chi fosse stato il pagatore dei mille fiorini in cui egli era da la Signoria condannato. Il camerlingo così gli rispose: – Carlo, tu saperai che iersera tra le ventitrè e ventiquattro ore venne qui a trovarmi Anselmo di messer Salimbene e pagò per te mille ducati d’oro, e mi richiese che io gli facessi la cedula de la tua liberazione, il che subitamente io feci. E di più ti vo’ dire che volendogli io restituire il sovra più dei mille fiorini, non lo volle. Se tu ora