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Siena sia ti ha fatto, non voler a l’una e a l’altra fare ingiuria e mostrarti loro di tanti doni da quelle ricevuti ingrato. E se al mio conseglio, che l’onore e bene tuo ti persuade, t’atterrai, tu metterai da canto tutti i rispetti e farai conoscer al mondo che quella che tu ami e le cose sue più a core ti sono e vie più care, che quanto oro avesse Mida o Crasso già mai. – Avendo adunque Anselmo solo in camera fatti cotai pensieri e il tutto maturamente discorso, deliberò non voler che Carlo per mancamento di danari morisse; e, avvenissene ciò che si volesse, conchiuse tra sè determinatamente di pagar la condannagione del Montanino. Fatta questa deliberazione, aprì una sua cassa e trassene mille ducati d’oro, il cui valore assai più valeva che non valevano i mille fiorini che pagar si devevano. Era stato Anselmo buona pezza sui suoi pensieri, il perchè essendo l’ora tarda, presi alquanti suoi servidori, se n’andò a trovar il camerlingo che da la Signoria era stato deputato a ricever i danari de le condannagioni fatte a beneficio de lo stato, e trovatolo che ancora ne la camera del suo ufficio era, gli disse: – Eccovi, camerlingo, che io qui v’ho recato mille ducati d’oro, i quali Carlo di messer Tomaso Montanino vi fa sborsare per pagamento de la sua condannagione; numerateli e dannate la sua ragione, facendomi la poliza che egli sia rilassato e rimesso ne la sua libertà. – Il camerlingo ricevuti ed annoverati i mille ducati, voleva restituire il sopra più dei mille fiorini d’Anselmo, ma egli nol sofferse. Onde il camerlingo, acconcia la partita di Carlo, scrisse la cedula de la rilassazione e la diede in mano al Salimbene. Anselmo avuta la scritta la diede ad un suo famigliare, ed essendo già circa le ventitrè ore montò a cavallo e se ne ritornò in villa. Colui che aveva la poliza, andato a le prigioni, ritrovò il capitano di quelle e disseli: – Carlo Montanino poco fa ha fatto pagar mille fiorini che da la Signoria era condannato. Eccovi la sua liberazione fatta e segnata dal camerlingo, la quale io in nome suo v’appresento, e vi richieggio che secondo l’ordine datovi lo debbiate cavar di carcere e metterlo in libertà questa sera per ogni modo. – Il capitano presa la cedula e quella letta, disse che al tutto darebbe buona espedizione. Partissi chi portata aveva la cedula, ed il capitano incontinente andato a le prigioni fece chiamar Carlo. Egli sentendosi nomare si pensò che gli avessero fatto venir il frate per confessarsi e disporre le cose de l’anima, essendosi già preparato a la morte. Come fu al capitano arrivato, comandò esso capitano che il prigionero fosse sferrato e gli disse: – Carlo, sta allegro, perchè in questa ora m’è stata