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liberale o cortese si deve nomare. Noi imitaremo i padri che insieme con le mogli fanno e generano i figliuoli e, secondo la costuma de la Francia, lasciano la cura ai compari che gli mettano quel nome che più loro aggrada. Non sono adunque ancora molti anni, per cominciarvi a narrar la mia istoria, che in Siena, città nobilissima e antica di Toscana, furono due nobilissime famiglie per antichità e ricchezza riguardevoli molto e di grandissima stima, che furono quella dei Salimbeni e quella dei Montanini, ne le quali ebbero uomini in ogni sorte di vertù eccellenti. Si fece un giorno una solenne caccia di cervi e di cinghiari, a la quale intervennero assai giovini de l’una schiatta e de l’altra, tutti benissimo ad ordine e bene a cavallo. Ora avvenne che fu da’ cani morto un fiero cinghiaro, e questionando, come si fa, tra loro de la prodezza dei cani, e volendo ciascuno tener la ragione dei suoi, e dire che di quelli uno era stato primo che il cinghiaro aveva animosamente assalito e morso, e non vi s’accordando gli altri, vennero da parole a fatti e con l’arme ignude a menar le mani di così fatta maniera, che uno dei Montanini uccise uno dei Salimbeni. Per questo omicidio nacque una crudelissima nemicizia tra queste due famiglie, onde sì fattamente andò innanzi che de l’una parte e de l’altra molti ci furono morti, e a la fine i Montanini furono quasi ridotti al niente così degli uomini come de le ricchezze. Essendo poi per spazio di tempo le ingiurie andate in oblivione ed ammollita la passata durezza nei cori di coloro che in Siena dimoravano, occorse che tutta la famiglia dei Montanini era venuta in un giovine chiamato Carlo di messer Tomaso, il quale si trovava una sua sorella, senza più. Aveva egli in valle di Strove una sola possessione assai bella che era di valuta di mille ducati, de le cui poche rendite assai parcamente insieme con la sorella viveva, perciò che de le grandi ricchezze dei suoi avi altro patrimonio non gli era rimasto, essendo i lor beni, per le passate mischie, parte stati dissipati e parte occupati dal fisco. Si manteneva adunque Carlo a la meglio che poteva, e ben che non avesse il modo di mostrarsi in vestimenti, cavalcature ed altre pompe esser gentiluomo, si vedeva nondimeno ne l’aspetto suo, nel parlare, negli atti suoi e ne la leggiadria dei costumi e in ogni sua azione, che in lui riluceva l’antica maestà de la grandezza degli avi suoi. Medesimamente la sorella sua che Angelica era detta, portava il titolo de la più bella e meglio costumata giovanetta che si trovasse a quei tempi in Siena. E certamente aveva il nome conforme a le rare e divine sue bellezze, perchè pareva proprio un angelo che fosse disceso dal cielo.