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illustre e valorosissimo signor Marc’Antonio Colonna
Ritrovandomi non è molto in Mantova con madama Isabella da Este marchesana d’essa città, dopo che d’alcuni affari avemmo ragionato per i quali ella m’aveva mandato a Milano, sovravvennero molti gentiluomini ed alcune de le prime donne de la città a farle riverenza, come ordinariamente è lor costume. E d’uno in altro ragionamento piacevolmente entrandosi, il signor Gostantino Pio disse: – Voi, madama, non avete forse ancor inteso d’un gran buffettone che il cavalier Soardo ha dato a maestro Tomaso Calandrino medico. – Come, – rispose madama, – è egli seguìto cotesto fatto? La cosa è andata da un gran pazzarone a un gran sempliciotto. E che romor è stato tra loro? – Dirollo, – soggiunse il signor Gostanzo. – Il medico Calandrino, non forse più saggio del Calandrino del Boccaccio, ieri su l’ora che pioveva incontrò cavalier Soardo ne la strada presso a San Francesco, ed essendo tutti dui a piedi, il medico si ritirò al muro e disse al Soardo: – Cavaliero, date luogo a tanta scienza come è in me, – e con le mani volle spingerlo verso il fango. Il cavaliero alora senza pensarvi su, alzata la mano gli diede un gran mostaccione dicendo: – E tu, che ti venga il cancaro, da’ luogo a tanta pazzia come io ho. – E non contento d’averlo battuto, gli diede anco un gran punzone e gettollo in mezzo del fango. – Io dissi bene, – soggiunse madama, – che il fatto andava da pazzo a sciocco. Devrebbe pur oramai il medico guardarsi da queste sue sciocchezze che tutto il giorno gli tornano in danno, e conoscere come è fatto il Soardo. Ed in vero io non so come debbiamo nomar questi detti loro, i quali ancor che facciano ridere non mi paiono nè mordaci nè arguti, ma più tosto ridicoli, rappresentanti il terreno ove nascono. – Rideva tutta la brigata, e dopo che madama ebbe finito, si cominciò variamente a parlare di questo modo di parlamenti che talor si fanno, ora da uomini pazzi, che dicono tutto quello che lor viene a bocca, e ora da prudenti che hanno certi motti arguti, mordaci, salsi e che molto spesso contengano in loro duo significati che, in qualunque modo s’intendino, danno piacere a chi gli ascolta. Quivi varie cose si dissero, e si conchiuse per la più parte che quei motti deveno sommamente esser lodati per i quali colui che gli dice, o si libera da qualche pericolo, o