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molto valoroso signore il signor Cesare Fieramosca luogotenente de l’illustrissimo signor Prospero Colonna
Abbiamo noi lombardi un proverbio che molto spesso si costuma dire, cioè che il lupo muta pelo e non cangia vizio. E perchè i proverbi son parole approvate, conviene che il più de le volte siano vere: onde quando si vede uno invecchiato in una costuma o buona o rea che si sia, si può fermamente credere che egli il più de le volte in quella morrà. Può l’uomo da bene peccare, e di fatto talora pecca, ma per non essere al male avvezzo, con l’aiuto de la misericordia di Dio s’avvede del suo errore, e pentito ritorna a la via dritta. Gli uomini sconci e scelerati che nel mal operare hanno fatto il callo, si vedeno a le volte far buone e vertuose opere, ma poco durano in quelle, anzi ritornano a la loro pessima vita. E la ragione di questo è che, come l’uomo con i frequenti atti ha fatto l’abito e consuetudine in una cosa, quell’abito o consuetudine difficilmente si può rimuovere. E ragionandosi, non è molto, in casa del nobilissimo signor Galeazzo Sforza signor di Pesaro, che era in Milano, a la presenza de la molto vertuosa signora Ginevra Bentivoglia sua consorte, di questa materia, perciò che si diceva d’un vecchio che più di venti anni aveva sempre tenuto una concubina e morendo non l’aveva voluta lasciare, il magnifico messer Paolo Taeggio dottor di leggi narrò un mirabil accidente in Milano avvenuto, che fece meravigliar senza fine tutti quelli che l’udirono. E certamente il caso è degno di ammirazione e di pietà, e se non fosse meschiato di cose sacre sarebbe da riderne pur assai. Onde per dar numero a le mie novelle mi parve di scriverlo e al nome vostro dedicarlo, sapendo che non poco ve ne ammirarete, essendo voi molto ne le cose sacre cerimonioso, come io più volte ho esperimentato. Vi piacerà che il nostro piacevole Gian Tomaso Tucca anco egli legga questa novella, ricordandogli quella del rammarro, che da voi fu scritta quando con le genti d’arme eravate al Finale del Ferrarese. State sano.