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con l’orecchie tese, per intender tutto quel che dicevano. Angravalle primieramente ricercò certi staffili per fargli mettere a la sella de la sua mula, i quali avendo trovati, si pose a sedere suso uno scanno che in camera era, e credendo d’aver lasciata la moglie a basso in camera, entrò in ragionamento di lei con il servidore, e gravemente sospirando, de la fortuna si lamentava. Volle poi che il fante di nuovo gli narrasse come Niceno veduto avesse, che panni in dosso aveva, se era armato, se solo, a che ora partì, e in che modo se n’andava via, se si voltava a dietro e che atti faceva. Ora avendogli a punto per punto colui risposto e assicuratolo che chiaramente Niceno aveva conosciuto, ultimamente in questo modo Angravalle disse: – Io voglio finger il tal giorno d’andar fuor di Napoli, e mi nasconderò in casa d’un amico mio, a ciò che possiamo coglier chi sarà quello che con mia moglie viene a giacersi. Di questa rea femina credo io tutto quello che narrato m’hai che tu la notte di santo Ermo vedesti. Ma di Niceno che così costantemente mi affermi esser l’adultero che a lei venisse, non so io che me ne dica, e certamente egli m’è troppo difficil credere che sì fatto amico mio mi debba far così vergognosa ingiuria e tanto disonore in casa. Gran tempo è che io come con un mio fratello seco vivuto mi sono, e d’ogni mio segreto hollo sempre fatto consapevole, più fede in lui avendo che in persona che al mondo conosca. Nondimeno, poi che tu perseveri affermando che lo conoscesti, io me ne vo’ chiarire. Chiarito che io sia, farò al signor mio suocero e a’ miei cognati veder tanta villania quanta fatta mi viene, deliberando al tutto levarmi questa vergogna dagli occhi. – Tutte queste parole puntalmente, senza perderne una, sentì Bindoccia; la quale, levando le mani al cielo poi che sentì che in altri ragionamenti travarcarono, lodò Iddio che l’avesse fatti saper i consegli del marito, e chetamente senza esser stata sentita discese a basso, e a la sua camera si ritirò. Non dopo molto scese anco giù Angravalle col fante, i quali veggendo ella ancora di segreto ragionare, disse fra sè: – Usate pure quante arti e quanta industria sapete, e mettetevi come spioni a le poste, ch’io voglio far l’amante mio venir a giacersi meco; e voi il vederete, e nondimeno io mi porterò di tal maniera che poi non lo crederete, anzi terrete per fermo esservi ingannati. Per l’anima di mia madre che io farò tutto questo, e so che caverò la gelosia del capo a questo montone di mio marito, e a quel poltrone del fante farò sì fatto scherzo e sì rilevato scorno, che egli fin che viverà si ricorderà mai sempre di santo Ermo e de la sua solennità. – Nè guari dopo