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manna si aveva quella notte con grandissima dolcezza ed incredibil piacer trangugiato, essendosi bene de l’umore malinconico purgata, nè altro medico che il suo Niceno voleva, gli rispose che credeva di poter far senza medicine, perchè meglio si sentiva e non aveva più doglia di testa, e così il rimanente de la notte che restava attese a dormir molto bene, e quasi che dormì fino a l’ora del desinare, ristorando la stracchezza de le nove miglia che caminate aveva. Levatasi poi suso e da Angravalle domandata come si sentisse, a quello rispose che la Dio mercè si portava benissimo, perchè conosceva che quel flusso l’era stato in vece d’una salutifera e perfetta medicina. Messer lo montone, come quello che non pensava a la malizie che continuamente le femine sanno trovare, troppo se lo credette. Stando adunque la cosa da Bindoccia tramata in questa maniera che udita da me avete, e cercando tuttavia madonna Bindoccia nuovi inganni e securi modi, col cui mezzo ella potesse con Niceno ritrovarsi, avvenne in questo mezzo che vicino a Somma, ove Angravalle una possessione aveva, una sua casa ed un fenile arse e fece grandissimo danno. Il perchè egli fu astretto andar fuori per provedere a’ suoi bisogni, e dar ordine a ciò che si devesse fare. Per questo lasciò il famiglio a casa con espresso comandamento che de la moglie sovra il tutto avesse la cura e che attendesse bene a chiunque in casa gli venisse, che sapeva esser necessaria cosa, avendogliene tante volte parlato. – Tu attenderai diligentissimamente, – gli diceva egli, – e notte e dì a ciò che ella farà, e spierai ogni sua azione, a ciò che quando sarò ritornato io possa da te intendere come vanno i fatti miei. – Con questo partì Angravalle e cavalcò verso Somma. Bindoccia rimasa libera, tutte quelle notti che Angravalle fuor di casa stette si fece venir Niceno e seco sempre si giacque, gustando ella molto meglio quelli abbracciamenti senza sospetto di Angravalle, che quando egli v’era. E così dandosi ogni notte il meglior tempo del mondo, mentre che il marito suo stette fuori in villa, ella attese a ristorar una parte del tempo perduto. Ora, l’ultima notte che Niceno venne a giacersi con lei, che era la notte di santo Ermo, sapendo che il dì Angravalle deveva da Somma tornare, non sapevano l’un l’altro lasciarsi, di maniera che l’aurora nel letto gli colse. Il che veggendo Niceno, disse: – Oimè, anima mia, che il giorno ne ha colti nel letto, e dubito di non esser veduto uscir fuor di qui; – e in fretta vestitosi uscì di camera, e volendo fuor del giardino partire s’avvide che il ribaldo del famiglio l’aveva veduto, e di leggero poteva averlo scorto e conosciuto per Niceno. Del che pur assai si dolse; ma non potendo esser che il