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e a tutti che la guardavano mostrar buon viso. Di che il misero geloso si disperava. Considerando poi che il volersi procacciar d’amante potrebbe esser d’alcuno scandalo cagione e metter se stessa in pericolo de la vita e de l’onore, pose gli occhi a dosso a Niceno, il quale di continuo in casa praticava, e parendole bello e avveduto molto, e di bei modi e gentilissimi costumi adornato, di lui non mezzanamente cominciò ad accendersi. Tuttavia, sapendo che egli al marito era troppo caro, non ardiva il suo focoso desiderio scoprirgli. Ben si sforzava con gli occhi e con allegro viso dimostrarli ciò che la lingua palesar non ardiva, e quanto più chiusamente ella ardeva, tanto più le sue fiamme d’ora in ora maggiori ne divenivano e miseramente quella struggevano. Il perchè avendo molti e varii pensieri fatti, a la fine deliberò con la sua ed altresì di lui cugina, che Isabella Caracciuola era nomata, il caso suo conferire e il conseglio e aita di quella impetrare. Onde con saputa e volontà d’Angravalle, un giorno a casa di lei se n’andò, e dopo molti ragionamenti, non v’essendo chi i loro ragionamenti impedisse, in questa maniera madonna Bindoccia a dir cominciò: – L’esser noi state, signora mia cugina, fin che fanciullette eravamo, insieme nodrite, e il conoscer quanto sempre amata m’hai, mi dà animo che io possa liberamente i gravi e noiosi miei affanni senza tema alcuna discoprirti. Il perchè lasciando tutte l’altre cose da parte, ti dico che io mi truovo in tanto mal essere e così disperata, che io non so come io sia viva. E odi per Dio s’ho cagione che a disperarmi sia bastante. Come sai, fui data per moglie ad Angravalle, ed io lo tolsi volentieri, ancor che io fossi fanciulla ed egli passasse quaranta anni, non pensando più innanzi e non avendo persona di cui mi calesse. Egli, poi che in casa sua condotta m’ebbe, mi tenne sì caramente e sì bene mi trattò, io dico ogni notte, che la matina ne potevano ben andar a messa di più belle e meglio ornate di me, ma più consolate non già; e così m’ha tenuta dui anni. Dopoi, senza che io gliene dessi cagione, ha di tal guisa cangiato stile, che mi fa far digiuni e vigilie, che in calendario alcuno non sono registrate, per ciò io ti giuro esser tre mesi passati che mai non m’ha tocco. Da l’altra parte, oltre che contra ogni devere e senza ragione è divenuto geloso, adesso non geloso, ma farnetico e scimonnito mi pare. Io credo che tu sappia come stiamo in casa, e di che qualità siamo serviti, che se fosse in Napoli scarsità estrema di servidori e non se ne trovassero per prezzo, non poteremo star peggio. Noi non abbiamo nè famiglio nè donna,