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ella de le sue sfrenate voglie. E chi bramasse di veder il volto suo ritratto dal vivo, vada ne la chiesa del Monistero maggiore, e là dentro la vedrà dipinta.
Nel ritorno suo da Bari il nostro messer Giacomo Maria Stampa m’ha portato una vostra lettera, la quale a me non accade dir se m’è stata cara, sapendo voi, quando qui in Milano eravate, quanto io v’onorassi e riverissi sempre. Devete anco ricordarvi di quanto al partir vostro in casa del vostro gentilissimo signor cognato il signor Alfonso Vesconte cavaliere, essendovi presente la cortese signora Antonia Gonzaga sua consorte, mi diceste, e di quello ch’io vi risposi. Onde non vi convien dubitare ch’io non resti eternamente ricordevol di voi, e che le lettere vostre non mi siano in ogni luogo e tempo gratissime. E circa a quanto mi scrivete s’è pienamente sodisfatto. Restami solo di mandarvi quella novella, che già narrò in casa de la vertuosissima signora Camilla Scarampa il signor Antonio Bologna a la presenza vostra, alora che voi con molti altri signori e gentiluomini eravate quivi per udir sonar e cantare la bella e vertuosa figliuola d’essa signora Camilla, alor chiamata Antonia, ora suor Angela Maria, essendosi ella in Genova fatta monaca; la qual nel vero al presente ha sortito nome più a lei convenevole e a le sue vertù e rare bellezze, che prima non aveva, perciò che qualunque persona la vede, e ode sonar e cantare, tien per fermo di veder e sentir un angelo celestiale. Venendo adunque a parlar de la novella, io, secondo che voi mi commetteste, quella scrissi così a la grossa senza ornamento alcuno. Ora che voi me la richiedete, l’ho compitamente scritta e al nome vostro intitolata, a ciò che anco ella abbia il suo padrone. L’apportator di quella sarà un servidore del signor vostro cognato, il signor cavalier Vesconte, che egli a posta vi manda per condur cavalli in qua. Essa novella chiaramente dimostra che, quando una donna