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dunque vivo per serbar la vita che mi dai ad ogni tuo servigio, a ciò che quella a beneficio de la tua sacra corona, come de la tua cortesia in presto presa, ti possa sempre che vorrai restituire. Il che farò io così volentieri come ora da buon core da te la prendo. E poi che tanta grazia t’è piaciuto di farmi, quando non ti fosse grave, volentieri qui in publico direi quanto ora mi sovviene. – Il re accennò che si levasse in piedi e che dicesse ciò che gli aggradava. Egli levato suso e ne la turba fatto silenzio, in questo modo a parlar cominciò: – Due cose sono, sacratissimo prencipe, che senza dubio veruno a le mobil onde del mare e a la instabilità dei venti in tutto rassimigliano, e nondimeno infinita è la schiera degli sciocchi che quelle con ogni cura e diligenza ricercano. Io intendo dire che il più de le volte così è. Dico adunque che queste due cose tanto da ciascuno bramate sono grazia di signore e amor di donna, e queste sì sovente il vero servidor ingannano, che a la fine altro che penitenza egli non ne riporta. E per cominciar dal caso de le donne, le quali, come communemente si dice, il più de le volte al lor peggior s’appigliano, tu vedrai un giovine bello, nobile, ricco, vertuoso e di molte doti dotato, che prenderà per sua suprema donna una giovane, e quella, con l’istessa fede che a li dèi si deve, servirà e onorerà ed ogni voglia di lei farà sua; nondimeno amando, servendo e pregando, tanto non potrà fare che egli si veggia in grazia de la sua donna, e per il contrario amerà un altro d’ogni vertù privo, e quello di se stessa farà possessore, nè guari in questo starà, che cacciato questo piglierà il primo, ma mobile e disdegnosa, quando l’averà a le stelle levato, mossa da naturale instabilità quello lascierà tornare fin ne l’abisso. E chi di queste varietà a lei dimandasse la ragione, altro non saperebbe ella rispondere, se non che così le piace, di modo che rade volte avviene che un vero amante possa fermar il piede, anzi vede la sua vita esser quinci e quindi dal volubil vento donnesco agitata. Vedrai altresì ne le corti dei regi e prencipi uno in favor del suo signore, che parrà proprio che ’l padrone senza lui non sappia far nè dir cosa alcuna, e nondimeno quando egli con ogni industria e fatica si sforzerà di mantenere od agumentar la grazia del suo signore, eccoti l’animo del signor cangiato e ad un altro rivolto; e questi che dianzi era il prim’uomo di corte, si trova esser in un momento l’ultimo. Vi sarà poi un sollecito diligente ed assiduo al servire, pratico in tutti gli essercizii di corte, e che vie più le cose del suo signor curerà che la vita propria, ma il tutto fa indarno, perciò che